6.5
- Band: GRAVE DESECRATOR
- Durata: 00:51:07
- Disponibile dal: 17/06/2016
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Non saremo certo noi a fare i difficili con una release come “Dust To Lust” di questi loschi figuri brasiliani che hanno scelto un moniker soave come Grave Desecrator: un album che non intende nemmeno per un secondo staccarsi dalle sonorità di ben più famosi connazionali, Sarcofago e Sepultura era “Morbid Visions” – “Schizophrenia” in prima linea, senza disdegnare intrusioni alla Possessed o Death di “Scream Bloody Gore” e i momenti più ‘ignoranti’ di Slayer o Sodom. Come dicevamo, un disco del genere non potrà mai non piacerci, vuoi per la sua carica magari non sovversiva come sarebbe stato un trent’anni fa ma comunque ancora funzionante, per la pervicacia con cui i nostri continuano a perseverare nel portare avanti la causa e perché le composizioni, alla fine, sono anche godibili. Thrash death della prima ora senza compromessi né virtuosismi, una produzione essenziale e titoli come “Temple Of Abominations”, “Gods Of Death”, “Anathema Bloodlust” e il sottile “Mephistophallus In Occultopussy”, per non parlare dei nomi di battaglia all’interno della formazione, che vi lasciamo la gioia di scoprire da soli. Inquadrata la proposta, passiamo alla musica; ci troviamo di fronte ad un disco che nella sua primordiale bestialità ci regala una caterva di riff suonati alla velocità della luce, momenti truci e una band che magari non brillerà per tecnica ma ha tiro da vendere, come dimostrano gli stacchi presenti in “Funeral Mist”, scarica elettrica tributante i Mayhem, o l’incedere funereo che avvolge “A Witching Whore”, le cui chitarre e alcuni passaggi sembrano usciti da un mash-up tra “Haunting The Chapel” e “Bestial Devastation”, o la nostra preferita “Host Desecration”, riffing esiziale e via dritti come un treno. C’è anche da dire, però, che il disco è davvero molto terra terra, e sebbene da una parte questa sia la sua arma, dall’altra tende – vuoi per gli anni in cui siamo, vuoi per le proposte che abbiamo in giro, vuoi perché un tre-quattro canzoni in meno non avrebbero fatto male – a risultare, alla lunga, abbastanza ripetitivo. Quindi non il disco della vita per nessuno, cosa che a naso i Grave Desecrator non avevano interesse a pubblicare, ma un’uscita onesta e in cui si respira l’aria giusta, da tirare fuori una volta ogni tanto e da non perdere, immaginiamo, nella sua versione live.