6.0
- Band: GRAVE DIGGER
- Durata: 00:55:04
- Disponibile dal: 23/10/2015
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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E’ tempo di rivisitare il proprio passato per i Grave Digger, band che nel corso degli ultimi anni ha perso buona parte dello smalto che aveva tra gli anni Novanta e inizio Duemila, quando diede alla luce i migliori lavori della propria discografia. Ancor prima di quei gloriosi tempi, a inizio anni Ottanta, il gruppo muoveva i primi passi con un sound completamente diverso, più assimilabile allo speed metal che al power metal a tratti epico del periodo d’oro appena citato. Riff indiavolati, grezzi e la voce al vetriolo di Chris Boltendahl molto più alta di ora, urlata e a tratti quasi sguaiata, erano le caratteristiche principali del gruppo che tra il 1984 e il 1986 pubblicò i primi tre album, “Heavy Metal Breakdown”, “Witch Hunter” e “War Games”. Tre lavori non certo brillanti in quanto a suoni, ma con pezzi dotati di un buon tiro e che divennero dei veri e propri cavalli di battaglia prima dell’avvento delle classiche bordate power presenti soprattutto su “Tunes Of War”. Oggi, con una formazione che con quella originale non ha nulla in comune oltre a Boltendahl, i Grave Digger decidono di riregistrare i brani di quei primi tre album e riadattarli allo stile attuale. Quello che cambia è innanzitutto il cantato, con il frontman che ha deciso di utilizzare costantemente la sua voce cavernosa e di relegare quella più alta e urlata ai soli cori. I riff di Axel Ritt inoltre sono molto più secchi e precisi rispetto agli originali e la sezione ritmica è molto più dritta e lineare, spesso e volentieri sostenuta dalla tipica e piuttosto monotona doppia cassa a velocità media che i Grave Digger ormai mettono dappertutto. I suoni infine sono nitidi e definiti, lontani anni luce da quelli crudi delle registrazioni di trent’anni fa. Il risultato? Alcuni pezzi, come ad esempio “Paradise” o “Playing Fools”, guadagnano qualcosa, soprattutto per una miglior resa dei cori, ed è il caso anche di “Enola Gay (Drop The Bomb)”, il cui ritornello coinvolge e colpisce molto più dell’originale. In altri casi, invece – e qui purtroppo citiamo anche i veri pezzi cardine della prima parte della discografia dei Grave Digger, ossia “Heavy Metal Breakdown”, “Witch Hunter” e soprattutto “Headbanging Man” – appaiono appiattiti e privati di quella carica adrenalinica presente sugli originali. E’ proprio questo il fattore che pesa sul giudizio finale e che fa sorgere qualche perplessità sul senso dell’intera operazione. E’ comprensibile che il guru Chris Boltendahl abbia voluto ripresentare quei brani come ora verrebbero suonati dal vivo, ma forse, appunto, sarebbe bastato un live e non una vera e propria riregistrazione in studio, che di fatto ha snaturato e ammosciato proprio i pezzi migliori – gli stessi pezzi che tra l’altro già nel 1996 erano stati riregistrati in una versione migliore della attuale e pubblicati come bonus track sull’edizione speciale di “Tunes Of War” uscita nel 1997. Allora Boltendahl ancora alternava il suo tipico cantato cavernoso attuale con quello più alto degli inizi, alla chitarra c’era un più adatto Uwe Lulis e il tutto suonava in modo molto più trascinante. “Exhumation- The Early Years” è dunque un prodotto che strappa una risicata e sterile sufficienza, che difficilmente entusiasmerà più di tanto chi conosce bene i primi tre album originali e che in definitiva è adatto solo a chi è meno avvezzo alle grezze sonorità ottantiane e preferisce le produzioni più recenti.
Nota: non presenti nella copia promozionale le due nuove tracce “My Private Mourning Hell” e “Young and Dangerous”, presenti a fine tracklist come bonus.