7.5
- Band: GRAVE DIGGER
- Durata: 00:43:23
- Disponibile dal: 13/01/2017
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Dopo la parentesi, abbastanza trascurabile, rappresentata da “Exhumation (The Early Years)”, in cui i Grave Digger rileggevano il loro passato riproponendo in una nuova veste diversi classici dei loro primi anni, la band di Chris Boltendahl ritorna oggi puntuale e testarda con un nuovo tassello della loro ormai vastissima discografia. Il diciottesimo album in studio della formazione teutonica prosegue il discorso interrotto con “Return Of The Reaper”, firmando un capitolo decisamente riuscito della propria storia. Questa volta, infatti, diversamente da alcuni episodi più ‘costruiti’ del loro recente passato, i Grave Digger sono tornati a comporre una manciata di canzoni efficaci e di sicuro impatto, senza provare a registrare il sequel di un loro vecchio lavoro o ripescando l’ennesimo concept album a tema storico/leggendario. I brani di “Healed By Metal” sono brevi, essenziali e diretti: una colata di metallo guidata dal vocione possente di Boltendahl ed impreziositi da un Axel Ritt decisamente a suo agio sia in veste ritmica che solista. L’apertura, affidata alla title track, è Grave Digger sound al 100%: metal oscuro, ma al tempo stesso melodico e trascinante, con grandi cori. “Lawbreaker”, “The Hangman’s Eye” e “Kill Ritual” sono delle scheggie taglienti che picchiano a dovere e, soprattutto, hanno il pregio di saper sfruttare al meglio i punti di forza della band; mentre il riff iniziale di “Free Forever” sembra tributare i Judas Priest di “You’ve Got Another Thing Comin’”. Certo, non possiamo dire di avere a che fare con un album perfetto: brani come “When The Night Falls” o “Ten Commandments Of Metal” ci riportano purtroppo a quella carenza di idee ed ispirazione che ha caratterizzato più di un lavoro nel recente passato del Becchino. Ciononostante, questa volta l’ago della bilancia pende a favore dei momenti più positivi e vale la pena citare ancora un paio di episodi tra i più interessanti dell’album. Il primo, “Call For War”, sfodera la vena più epica e battagliera del gruppo, riportando alla mente veri e propri inni come “The Dark Of The Sun”; mentre il secondo, “Laughing With The Dead”, posto in chiusura dell’album, ci mostra il lato più cupo ed oscuro dei Grave Digger, con un brano roccioso e cadenzato dall’incedere maligno. Non ci resta, quindi, che dare il bentornato a questi vecchi leoni che non hanno bisogno di dimostrare nulla, ma che continuano a ruggire e a resistere caparbiamente, anno dopo anno, tra alti e bassi, ma sempre con la volontà e la forza di tirare fuori gli artigli e graffiare ancora una volta.