6.5
- Band: GRAVE DIGGER
- Durata: 01:01:51
- Disponibile dal: 12/01/2007
- Etichetta:
- Locomotive Music
- Distributore: Frontiers
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
I Grave Digger sono un gruppo storico, ormai famoso, e proprio per questo ogni album del quintetto tedesco è atteso con trepidazione da una discreta schiera di fan. Se da un lato Chris Boltendhal e compagni sono stati i fautori di grandi album come “Heavy Metal Breakdown”, “The Reaper”, “Heart Of Darkness”, “Tunes Of War” o anche i più recenti “The Grave Digger” e “The Last Supper”, è purtroppo altrettanto evidente che a volte i nostri escono con album non molto convincenti, primo su tutti lo scarso “Rheingold”. Cosa aspettarsi quindi dal nuovo “Liberty Or Death”? A differenza del suo ispirato predecessore “The Last Supper”, per chi scrive il miglior disco da “Tunes Of War” in poi, questo album risulta essere meno incisivo ed in particolar modo mostra i suoi principali limiti nell’apparente deficit di idee a livello chitarristico. Il lavoro di Manni Schmidt sembra infatti poco ispirato se confrontato con quanto fatto in passato, e il suo riffing non riesce ad essere il vero valore aggiunto che si poteva aprezzare pienamente nella precedente release. Altro punto che in qualche modo inficia la potenza e aggressività di questo lavoro è la volontà di limitare gli episodi tirati tipici delle mazzate tra capo e collo a cui ci avevano abituato, a favore quindi di mid tempo non sempre del tutto efficaci. Ciò non toglie che siano anche presenti pezzi di più che buona fattura come la titletrack, un mid tempo dai toni drammatici che, anche se costruito su un riff già sentito chissà quante volte, convince nella solennità del ritornello e nell’azzeccato stacco pianistico centrale seguito da un discreto assolo di Manni. Buona anche l’epica cavalcata “Highland Tears”, introdotta dal celebre suono delle cornamuse e con Chris che in questa occasione rispolvera finalmente la voce pulita, elemento in grado di dare varietà alle canzoni e che andrebbe quindi sfruttato un po’più spesso. A ruota arriva “The Terribile One” la classica mazzata in stile Grave Digger, riff assassino, doppia cassa a manetta e ritornello immediatissimo. “Until The Last King Died” è un mid tempo a dir poco monolitico, in stile “The Bruce”, con un chorus eccessivamente statico e ripetitivo. Poco brillante anche “Silent Revolution” che, distante dai canoni della band, pecca per via di un poco riuscito approccio vocale espressivo, di certo non il forte del buon Chris. Tra le migliori ritroviamo la conclusiva e drammatica “Massada” che, aperta da melodie orientaleggianti, sfocia in un ritornello malinconico che narra il dramma del suicidio di massa della città-roccaforte di Massada. Molto bella e dettagliata la copertina, mentre in quanto a produzione c’è da dire che i suoni sono buoni ma resta l’impressione che si sarebbe potuto fare qualcosina in più per valorizzare a pieno l’impatto frontale su cui da sempre si basa l’inconfondibile sound degli “Scavafosse”. A conti fatti si può dire che ”Liberty Or Death” non sia un album rappresentativo delle reali capacità del quintetto ma, vista la prolificità di questa band, aspettate un anno o poco più e vedrete che magari ritoneranno ancora ai massimi livelli.