8.5
- Band: GRAVE DIGGER
- Durata: 00:52:45
- Disponibile dal: 25/08/1996
- Etichetta:
- G.U.N. Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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A metà anni Novanta, dopo l’infruttuosa parentesi sotto il monicker Digger, i rinati Grave Digger stavano vivendo un momento di grande forma grazie al disco ispirato e potente che risponde al nome di “Heart Of Darkness”. E’ però il 1996 a decretare il grande successo per Chris Boltendahl ed Uwe Lulis, grazie a “Tunes Of War”. Questo concept album, il primo di una lunga serie, racconta le gesta di William Wallace e della guerra per l’indipendenza della Scozia; ogni singolo brano si dimostra di grande impatto sonoro, un must per gli amanti della scuola heavy metal tedesca. L’intro “The Brave”, scandita da epiche cornamuse, lascia presto spazio a “Scotland United”, un tipico esempio di power metal made in Gemany, in cui il vocione ruvido di Boltendahl si staglia sulle chitarre, le strofe veloci e spinte aprono ad un ritornello corale ed epico, perfetto per incendiare il pubblico durante i concerti. Stefan Arnold alla batteria e Tomi Gottlich al basso scandiscono ritmiche dirette e pesanti: niente arzigogoli virtuosi, solo un muro sonoro di metallo pesante di grande intensità. “In The Dark Of The Sun” prosegue su lidi aggressivi, i riff di chitarra suonano taglienti come lame, insieme a linee vocali intense ed avvolgenti. Il roccioso Chris o lo si ama o lo si odia, ma la sua ugola caratteristica, volenti o meno, è il vero trademark dei Grave Digger. “William Wallace” aumenta ancora la velocità d’esecuzione, le melodie vengono lasciate soltanto per il refrain zeppo di cori, intonato con voce pulita. Una delle gemme più preziose di “Tunes Of War” è sorprendentemente un pezzo lento: “The Ballad Of Mary (Queen Of Scots)” possiede un alone di malinconia interpretata con grande pathos, ogni nota viene sentita profondamente nella perfomance dei becchini tedeschi. Il fiore all’occhiello del disco arriva con “Rebellion (The Clans Are Marching)”, maestoso mid tempo che ancora una volta vede un ritornello coinvolgente, corale, epico: da sempre tutti i fan cantano con la band dall’inizio alla fine questo cavallo di battaglia immortale. Negli anni successivi i Grave Digger hanno sfornato diversi buoni lavori, ma nessuno della stessa intensità di “Tunes Of War”, il vero ed irripetibile capolavoro della vita. Nella seconda metà degli anni Novanta il power metal è cresciuto fino a diventare il genere più in voga di quel periodo e se è riuscito ad imporsi all’interno della scena lo si deve anche a “Tunes Of War”. Siamo di fronte ad un masterpiece di assoluto spessore e i metalhead italiani più ‘anziani’ ricordano ancora oggi la partecipazione dei Grave Digger alla prima edizione del Gods Of Metal, quando con uno show potentissimo si imposero tra i migliori dell’intero bill.