8.0
- Band: GRAVE
- Durata: 00:38:46
- Disponibile dal: 23/08/2004
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Self
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Vi ricordate di “Back From The Grave”, l’album che un paio d’anni fa sancì il ritorno sulle scene dei Grave dopo cinque anni di assenza? Un album con alcuni buoni pezzi ma nel complesso piuttosto monotono, che aveva riavvicinato la band al death metal in maniera un po’ goffa, quasi del tutto priva dello smalto di un tempo. Oggi quel disco è solo un ricordo. “Fiendish Regression” lo fa apparire come un lavoro di transizione, l’inizio della risalita verso la cima dove risiedono i grandi del death metal, verso il posto che comunque, avendo alle spalle un certo “Into The Grave” e un certo “You’ll Never See…”, già spettava ai Grave di diritto. Una risalita oggi portata a compimento da questo nuovo “Fiendish Regression”. Proprio così… perché infatti sedersi sugli allori quando in line up si ha tutt’ora gente come Ola Lindgren, Jonas Torndal (non dimentichiamoci che “Into The Grave” lo hanno scritto loro!) e un nuovo, bravissimo batterista come Pelle Ekegren? Liberatisi di un musicista a cui il death metal non andava più molto a genio (l’ex drummer Jensa Paulsson) e avendo dunque ben chiara in mente la direzione da prendere, i Grave hanno scritto “Fiendish Regression”: un album violento, cupo e senza compromessi. Il titolo in fin dei conti la dice lunga… il quartetto di Stoccolma è regredito, è tornato alle origini e ha composto i suoi migliori brani dal lontanissimo 1992, anno di pubblicazione di “You’ll Never See…”. 100% death metal, con una spruzzatina di thrash old style e tanto, tanto groove… come ai gloriosi vecchi tempi! Un arpeggio che sa tanto di omaggio a “South Of Heaven” dà il via alla criptica “Last Journey”, dotata di un’atmosfera talmente malsana da mozzare il fiato. Si decide di partire in midtempo ma “Reborn” è in agguato dietro l’angolo: attacco tiratissimo, istante di calma e poi il riff più ignorante dell’intero disco, che dal vivo potrà solo significare headbanging a volontà. “Awakening” rallenta di nuovo il ritmo per concedere momenti davvero soffocanti ma con “Breeder”, che si apre un po’ alla Morbid Angel, i nostri tornano ad esprimersi ad alta velocità, facendo persino uso di blast beat, i quali non si sentivano in un loro pezzo da tempo immemore! “Trial By Fire” si presenta groovy e cadenzata, molto coinvolgente all’altezza del riff portante, preparando la strada ad uno degli highlight assoluti del disco. Guidato da un riff che potrebbe anche esser definito una motosega e con un testo assolutamente malvagio, “Out Of The Light” si segnala come uno dei brani più devastanti della storia dei Grave, un pezzo che in sede live promette davvero un pogo furioso (chiedetelo a chi era presente al Party.San!). “Inner Voice” è anch’essa una canzone molto bella, giocata su midtempo ma assai frizzante ed immediata, mentre “Bloodfeast” è thrashy e cattivissima, un uptempo che conduce alla conclusiva “Heretic”, la composizione più tecnica e strutturata del lotto, da annoverare di certo tra quelle maggiormente brillanti di “Fiendish Regression”. Ascoltando il disco tutto d’un fiato non ci si annoia minimamente ed è un vero piacere anche constatare la cura maniacale posta nella produzione (la band per la prima volta in carriera ha abbandonato i Sunlight e si è recata agli Abyss Studio di Peter Tagtgren per registrare l’album) e nell’artwork, realizzato splendidamente da Jacek Wisniewski (Marduk, Vader, Anata, Malevolent Creation…) e pienamente in linea con la musica proposta. Oggi i Grave sono di nuovo una band su cui contare anche su disco, non solo per quanto riguarda le esibizioni live. Una band matura che ha finalmente ritrovato la sua dimensione più consona e che ha dato alle stampe uno degli album cardine della sua carriera. “Fiendish Regression” è davvero un grande platter death metal, con tutto ciò che il termine implica: violenza, pesantezza, cattiveria, intelligenza, sudore, cuore, rispetto dei classici e citazioni azzeccate. Dopo i buonissimi lavori di Dismember e Unleashed, i fan del death metal svedese avranno nuovamente di che godere: lunga vita ad Ola Lindgren e alla sua band!