8.0
- Band: GRAVE MIASMA
- Durata: 00:48:42
- Disponibile dal: 13/09/2013
- Etichetta:
- Sepulchral Voice
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Lugubri rintocchi dal profondo di una cripta sconsacrata, riverberi destinati a perdersi in un mare di tenebre infinite. Il rumore di un antico male che attende pazientemente di destarsi dal sonno in cui è sepolto. Così si apre il debut album di una delle entità più misteriose dell’attuale panorama death metal, un gruppo ormai assurto allo status di “cult band” grazie alle sue selezionatissime apparizioni live e ad una proposta musicale semplicemente soffocante, votata al totale annientamento di qualsiasi fonte di luce o di speranza. Parliamo dei londinesi Grave Miasma e del loro “Odori Sepulcrorum”, disco licenziato dalla marcissima Sepulchral Voice Records (Charon, Degial, Necros Christos) ed ennesimo concentrato di black/death metal ancestrale dopo gli ottimi EP “Exalted Emanation” e “Realm Of Evoked Doom”. Un’opera sibillina e dal sapore negromantico che procede a passi lenti per avvolgere l’ascoltatore e farsi strada nel suo subconscio, spalancando le porte a scenari da incubo al di là dello spazio e del tempo, tra le rovine di civiltà perdute ed innominabili. Poco meno di cinquanta minuti che non inducono all’headbanging, bensì all’introspezione più viscerale e dove stridori chitarristici presi in prestito dai Morbid Angel di “Altars Of Madness” lasciano presto spazio a terrificanti voragini doom su cui si staglia la figura dei maestri Incantation, veri e propri pionieri di un certo modo di intendere il death metal. Come se ciò non bastasse, ecco fare capolino dallo sfondo trame occulte in odore di black metal ellenico di primi anni ’90 (Necromantia e Rotting Christ in primis), per un coacervo le cui esalazioni mortifere vengono perfettamente sottolineate dall’incedere liturgico delle chitarre e da una sezione ritmica che – a differenza di quanto avviene in altre realtà analoghe – trova nel dinamismo un punto di forza a cui aggrapparsi per infondere ulteriore carica emotiva alle composizioni, mai piatte, mai banali e sempre sul filo del rasoio per quanto riguarda l’andamento in up-, mid- o down-tempo. Anche la voce, di pari passo al contenuto musicale, rifugge dai canonici screaming e growling per abbracciare una tonalità assolutamente perversa che si insinua come veleno tra le pieghe del riffing, trasformando l’ascolto di “Odori Sepulcrorum” in un viaggio allucinato ed ultraterreno verso gli abissi più reconditi del Tartaro. Gli echi blasfemi di “Ovation To A Thousand Lost Everies”, la processione funeraria di “Εέσχατος” e la spaventosa “Odoratus Sepulcrorum” sono solo alcuni dei brani più incisivi, per un disco che si candida fin da subito tra i migliori dell’anno e che proietta il nome dei Grave Miasma nell’Olimpo di “quelli che contano”. Morte e malvagità, d’ora in avanti, potranno ufficialmente contare su un nuovo alleato.