7.0
- Band: GRAVELAND
- Durata: 00:46:15
- Disponibile dal: 09/08/2021
- Etichetta:
- Inferna Profundus Records
Spotify:
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Avevamo perso un po’ di vista il controverso Rob Darken ed i suoi Graveland, ma non per questo il fuoco pagano che brucia dentro questo progetto da alcuni decenni ha smesso di ardere. Molti sono stati gli album pubblicati, chi più chi meno in linea con quanto fatto dalla band in precedenza. La vera ‘novità’ rispetto all’ultima release recensita su queste pagine sta nella line-up: infatti dal 2016 Rob Darken ha deciso di farsi affiancare, com’era stato a inizio carriera, da altri musicisti, tralasciando così l’idea del progetto solista. A partire da “1050 Years Of Pagan Cult“, pertanto, i Graveland sono diventati un trio, sebbene non stabile. A livello stilistico i cambiamenti non sono epocali e possiamo tranquillamente continuare a considerare i Graveland come gli eredi del lascito ‘epic metal’ di Quorthon ed i suoi Bathory. Con il nuovo “Hour Of Ragnarok” non si fa fatica a capire su quale argomento sia improntato il nuovo album, e anche a livello sonoro non ci sono novità. Dopo ben venti full-length ed una miriade di produzioni minori, possiamo dire che Rob Darken, grazie alla virata stilistica di inizio carriera dal black metal classico al filone epico (inaugurato proprio dai Bathory dell’epoca di “Hammerheart”), è riuscito a portare i suoi Graveland ad un livello più che discreto, per poi assestarsi senza fare mai gridare al capolavoro inarrivabile. “Hour Of Ragnarok” non fa eccezione da questo punto di vista; è un album molto epico e con pompose parti sinfoniche che, oltre a ricordare ovviamente i Bathory, possono avvicinarsi stilisticamente ai Nokturnal Mortuum di “The Taste Of Victory” o ai tedeschi Falkenbach. Come spesso accade, purtroppo, per gli album dei Graveland, i brani tra loro differiscono di poco e non riescono in tal modo a dare un’ impennata di adrenalina all’ascoltatore, sì rapito dalle atmosfere epiche create ad hoc, ma la sensazione finale è quella di trovarsi nel bel mezzo di una battaglia non solo epica ma che rischia di non finire mai. Per chi non ama il genere in particolare c’è il rischio di gettare a terra la spada e attendere solo l’arrivo delle Valchirie: soliti Graveland, solito tuffo nel metal intriso di epicità. Siccome il titolo dell’album tira in ballo ‘il crepuscolo degli déi’, ci si poteva aspettare musicalmente una maggior tensione escatologica, invece l’ora del Ragnarok arriva qui in modo tranquillo, quasi serenamente; era però lecito attendersi qualcosa di più tetro e musicalmente più cattivo ed estremo.