7.0
- Band: GRAVEWORM
- Durata: 00:44:21
- Disponibile dal: 26/06/2009
- Etichetta:
- Massacre Records
- Distributore: Audioglobe
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Il nuovo lavoro dei Graveworm potrebbe essere bollato quasi come un disco “superato”, in tempi in cui le contaminazioni “core” o modernismi vari sembrano essere diventati d’obbligo per tantissime formazioni facenti parte del grande universo extreme metal. La band altoatesina, infatti, pur avendo certamente modificato sotto vari aspetti il suo stile dagli esordi a oggi, è più o meno sempre rimasta fedele a un death-black metal sinfonico e dall’impronta molto melodica. Un sound che ha goduto di grande popolarità nella seconda metà degli anni ’90, ma che oggi, appunto, sembra quasi materia per nostalgici. Tuttavia, considerato il valore della band e della sua proposta, certi discorsi lasciano assolutamente il tempo che trovano. È infatti un disco che “acchiappa”, questo “Diabolical Figures”: fin dall’incipit, affidato alla prorompente “Vengeance Is Sworn”, che fa da introduzione a dieci brani nei quali si spandono le fragranze decise della tradizione symphonic black dei Graveworm, spesso corroborati da una generosa, ma non troppo invasiva, dose di thrash-death metal (influenza, quest’ultima, già messa in mostra su “Collateral Defect”, ma tramite soluzioni mediamente più groovy rispetto a oggi). Il risultato è un disco dai suoni agili e pieni, nel quale riuscita è la miscela tra la consistenza densa delle chitarre ritmiche e la melodia delle tastiere. Lo screaming di Stefan Fiori – in un paio di casi supportato da quello dell’ospite Karsten “Jagger” Jäger, frontman dei Disbelief – si conferma poi di nuovo un valore aggiunto, interpretando i pezzi con l’adeguata ferocia, ma anche con una dose sufficiente di varietà. Si fanno perciò valere, i Graveworm, confezionando un disco dai rimandi chiari, ma riuscendo a infondervi l’ispirazione necessaria a far sembrare il tutto vivo e non – come a volte avviene – una copia sbiadita. E, verso il finale, i nostri ci regalano anche la solita gradevole cover anni ’80 (questa volta è stata scelta la famosissima “Message In A Bottle”), che mostra nuovamente la capacità dei ragazzi di mettersi in gioco e di non prendersi troppo sul serio.