7.0
- Band: GRAVEWORM
- Durata: 00:48:56
- Disponibile dal: 28/04/2023
- Etichetta:
- AFM Records
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Sono passati ben otto anni dall’ultima fatica discografica dei Graveworm e francamente stavolta il tempo è volato. La formazione capitanata dai due Stefan (Fiori e Unterperger, rispettivamente voce e chitarre) è uno di quei nomi che sono stati costantemente presenti nella scena metal europea: attivi dal lontanissimo 1992, hanno iniziato a pubblicare dischi a fine anni Novanta e da allora è sempre stato piacevole ritrovarli regolarmente nelle bancarelle di CD o sui palchi di svariati festival. Qualche dinamica deve essere cambiata però, visto che dal 2015 si è sentito decisamente meno parlare del quintetto altoatesino e ci ritroviamo oggi, un po’ a sorpresa, con questo “Killing Innocence”, secondo disco su AFM Records.
Nonostante la pausa, il discorso musicale riprende grosso modo quanto detto sul precedente “Ascending Hate”, consegnandoci un lavoro di death metal moderno e melodico, sulla scia di quanto possono fare gruppi come Kataklysm o Hypocrisy. “Killing Innocence” ha come frecce al proprio arco una produzione impeccabilmente moderna e cristallina, un songwriting semplice e anthemico che sicuramente darà i propri frutti soprattutto live; per gli affezionati che seguono la band da sempre, l’artwork riprende l’angelo visto su “(N)Utopia”, la voce del cantante Stefan è riconoscibilissima e gli arrangiamenti e le tastiere odorano di casa: sono tutti elementi di continuità e personalità per una band operaia ma mai doma come i Graveworm, che rendono giustizia ad un percorso molto lungo e piuttosto proficuo.
D’altro canto però le influenze primarie si sentono moltissimo: melodie, riffing, tastiere e approccio vocale sono smaccatamente Hypocrisy in molti punti, mescolate agli stop’n’go e ad atmosfere della (una volta) premiata ditta Iacono/Dagenais. “We Are The Resistance”, “Dead Words” o la bellissima “In Honour Of The Fallen” sembrano davvero provenire da un songbook scandinavo/canadese. I Graveworm del primo periodo emergono invece in frangenti che ammiccano di più a territori black metal melodico, come in “Where Agony Prevails”, ma sono solo attimi visto che le radici di “Killing Innocence” sono ben piantate nel death metal d’impatto ma orchestrato e melodico.
A questo punto, chi vi scrive si sente in dovere di formulare una riflessione conclusiva importante: è accettabile che una band con più di un ventennio di carriera suoni derivativa rispetto a modelli attualmente in circolazione? Se la risposta è sì, “Killing Innocence” è un disco formalmente inattaccabile, godereccio e facilmente assimilabile; se il ‘more of the same’ non è un problema per voi, l’ultima fatica dei Graveworm è quindi assolutamente da avere. Se la risposta è no, “Killing Innocence” è una ennesima variante di un modello che nella vostra collezione di dischi in salotto c’è già. Chi vi scrive propende per la prima possibilità, anche semplicemente perché una band al decimo disco conosce bene se stessa, le proprie possibilità, i propri limiti e ormai suona per il gusto di farlo. Tutto il resto è secondario. Lunga vita ai Graveworm.