GRAVEYARD – Peace

Pubblicato il 29/05/2018 da
voto
7.5
  • Band: GRAVEYARD (SWE)
  • Durata: 00:42:22
  • Disponibile dal: 25/05/2018
  • Etichetta:
  • Nuclear Blast
  • Distributore: Warner Bros

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A settembre 2016 avevano detto basta. Litigi, incomprensioni, divergenze interne avevano portato i Graveyard alla decisione di fermarsi, facendo intendere che non sarebbero ritornati in pista tanto in fretta. Si sono smentiti soltanto quattro mesi dopo, mettendo dietro i tamburi Oskar Bergenheim al posto di Axel Sjöberg. A quanto pare, era proprio quest’ultimo il pomo della discordia. Rodatasi con un tour europeo nello scorso autunno, la rinnovata line-up è entrata in studio per registrare il quinto album, che conferma quanto di buono si sapeva della formazione svedese, accentuandone la componente soul e cantautorale da un lato, e quella marcatamente zeppeliana dall’altro. Proprio alle cadenze selvagge della band di Robert Plant nei suoi momenti più irruenti propende l’opener “It Ain’t Over Yet”, segnata dal drumming ipnotizzante del nuovo entrato e dalle urla al vetriolo di Nilsson. Il contrasto fra l’asprezza della voce principale e la relativa morbidezza delle backing vocals di Mörck connette splendidamente l’anima pugnacemente rock degli svedesi a quella blues-cantautorale, che ne sporca amabilmente anche le sezioni più animose. In “Cold Love” lo spirito retrò-hippie prende il sopravvento, grazie agli arabeschi del basso e a flebili tessiture di hammond sullo sfondo, che anestetizzano il groove a intermittenza dei tamburi. Accensioni e spegnimenti dei ritmi sono frequenti nello stile dei Graveyard, ben lontani dal concedersi a schemi eccessivamente lineari e ammiccanti. “See The Day” ci parla un linguaggio minimale, solo voce, chitarra e qualche raro effetto, a comporre i tasselli di una dolcissima ballata che potrebbe benissimo provenire da un disco degli anni ’60. Quando c’è da picchiare duro, però, i Graveyard non si tirano indietro e rispolverano immediatamente un piglio hard rock tumultuoso nelle scorribande di “Please Don’t”, dove l’operato del nuovo batterista risplende per l’energia immessa e combinazioni intricate non proprio usuali in questo settore. Dalla fusione di musica popolare e rock’n’roll portata allo stato di grazia dai Thin Lizzy pare provenire “The Fox”, glassata di reminiscenze folk e un piglio cantautorale educato, che la rende uno dei pezzi migliori di “Peace”, al pari del caleidoscopio di pulsazioni di “Walk On”; basso in primo piano e tamburello seguono il crescendo delle chitarre elettriche, che nella seconda parte danno spazio a una jam blues particolarmente vivace. “Del Manic” si rifugia in un sonnacchioso sound settantiano: i Graveyard si dedicano qui a un blues al rallentatore scandito dal tintinnio del tamburello, da un basso rugginoso e una voce calda e cantilenante. “Bird Of Paradise” riluce di combinazioni elettroacustiche di sicuro impatto, brevi solismi di purissima marca Seventies rasserenano l’umore e paiono condurre all’estasi evocata nel titolo. “A Sign Of Peace” si rivela la sorella gemella di “It Ain’t Over Yet”, spiritata, indomita, screanzata nell’aggredirci sotto i colpi di un basso camaleontico e percussioni incalzanti. Le sfumature soul, velatamente presenti in molti punti della tracklist, erompono maiuscole nel trascinante incedere sincopato di “Low (I Wouldn’t Mind)”, quando tutti gli ingredienti, dagli intrecci voce principale-cori, alle scariche di batteria, le vampate di hammond, le grasse bordate del basso, prendono corpo al massimo del potenziale, mettendo il punto esclamativo a “Peace”. Senza dover ricorrere a chissà quali trucchi, i quattro di Göteborg si permettono di rivisitare sonorità ‘storiche’ con personalità e carattere, tenendo fede agli alti standard qualitativi delle pubblicazioni precedenti.

TRACKLIST

  1. It Ain't Over Yet
  2. Cold Love
  3. See The Day
  4. Please Don't
  5. The Fox
  6. Walk On
  7. Del Manic
  8. Bird Of Paradise
  9. A Sign Of Peace
  10. Low (I Wouldn't Mind)
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