9.0
- Band: GREEN DAY
- Durata: 00:57:06
- Disponibile dal: 20/09/2004
- Etichetta:
- Warner Bros
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Snobbati dai punk più conservatori e derisi da gran parte dei metal kid, Billie Joe Armstrong & C. si prendono una bella rivincita, mettendo a tacere una volta per tutte i detrattori che li hanno sempre tacciati di essere un gruppo adatto ai ragazzini che seguono il trend targato MTV. Alienandomi dai soliti commenti da bar sulle rock band mi preme fare una precisazione sul fenomeno punk: esso nacque in Inghilterra come colonna sonora di una rivoluzione sociale scatenatasi nel 1977, fomentato da ragazzi annoiati dai virtuosismi progressivi e dal falso moralismo dei conservatori. Sex Pistols, The Clash, The Damned e tanti altri ne furono i maggiori esponenti, proponendo un concentrato sonoro di pura rabbia e violenza. Negli Stati Uniti, invece, il clima che si respirava era totalmente diverso e attraverso la musica dei Ramones (i principali esponenti del genere) si respirava un’aria sostanzialmente “fun” e priva di rabbia, con richiami pesanti alla surf music dei Beach Boys… eppure Joey & C. sono rispettati e stimati da gran parte del pubblico metal e non. Qualcosa non torna: forse molte persone ascoltano la musica con gli occhi e non con le orecchie (chi vuol comprendere, comprenda!)?. Analizzando il disco si può affermare che il trio ha composto un capolavoro, di importanza pari a quella del multiplatinato “Dookie”, platter che rinnovò il punk troppo presto risucchiato dai freddi beat della new wave negli anni ’80. In dieci anni cambiano tante cose e i nostri sono passati dall’urgenza della celeberrima “Basket Case” alla costruzione di due suite di quasi dieci minuti l’una (una follia per un gruppo punk!) che rispondono al nome di “Jesus Of Suburbia” e “Homecoming”, le quali si rivelano un lungo percorso sonoro che rimandano al mood di certi The Who e nelle quali si alternano intelligenti intrecci chitarristici elettro-acustici, numerosi cambi di tempo, improvvise accelerazioni/decelerazioni e stupende melodie vocali. Il vizio per i brani concisi non è andato perduto e i nostri hanno fatto centro sfornando una hit pazzesca come “American Idiot”, song dotata di un tiro micidiale (e di un bel videoclip), che una volta ascoltata rimane permanentemente nel nostro cervello e parallelamente dà in pasto alle nostre orecchie una scheggia di due minuti che risponde al nome di “She’s A Rebel”. Non mancano episodi romantici come “Wake Me Up When September Ends” – track giostrata dalle malinconiche vocals di Armstrong – e “Extraordinary Girl”, anche se quest’ultima è più dinamica e accattivante. Infine la prestazione dei tre è pressoché perfetta, ogni riff di chitarra e basso sono al posto giusto e il drumming è sempre vario, espressivo e dinamico. Per una volta toglietevi ogni pregiudizio dalla testa (e i mutandoni di peluche e i bracciali borchiati) e trascorrete un’ora di puro godimento sonoro. Standing ovation!