7.0
- Band: GREEN DAY
- Durata: 00:45:45
- Disponibile dal: 10/07/2016
- Etichetta:
- Reprise Records
- Distributore: Warner Bros
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Dopo gli eccessi degli ultimi anni – sia dal punto di vista discografico, con un triplo album evidentemente assemblato includendo anche gli scarti di lavorazione, che dal punto di vista personale, con l’ennesimo ricovero del leader Billie Joe Amstrong – non c’erano grandissime aspettative intorno al ritorno dei Green Day, nonostante il trio di Berkley ci abbia già mostrato in passato la loro capacità di rialzarsi dopo i tonfi. Archiviata definitivamente la parentesi rock-opera del periodo “American Idiot” / “21st Century Breakdown”, nell’anno del pop-punk revival il power trio californiano torna al classico sound power-pop-punk-rock che li ha resi famosi fin dagli anni ’90, confezionando con “Revolution Radio” un disco che potremmo definire come l’ideale successore del controverso (ma col tempo rivalutato) “Warning”. Dopo la partenza sommessa con “Somewhere Now” (nel senso letterale del termine, visto il volume basso nei primi secondi), l’album ingrana la marcia giusta con il primo singolo “Bang Bang”, superiore a tutti quelli della trilogia spagnola, e prosegue a gonfie vele con l’altrettanto frizzante title-track e “Say Goodbye”, classica marcetta in stile “Minority” ma sempre efficace. A conferma del ritrovato stato di forma, il resto della tracklist viaggia spedito con una serie di di party song tanto brevi quanto ficcanti (“Bouncing Off The Wall”, “Still Breahing”, “Youngblood”, “Too Dumb To Die”), uscendo dal seminato solo con “Forever Now”, anch’essa divertente nonostante il minutaggio più elevato, e con le immancabili ballad (“Outlaws” e “Ordinary world”), a rappresentare gli unici episodi un po’ sottotono insieme alla già citata opener . Nel complesso comunque, pur senza essere un nuovo “Dookie” o “Nimrod”, il dodicesimo full-length di Billie Joe e soci in trent’anni di carriera, ci riconsegna una band ancora in palla, capace di vivere nel presente senza dimenticare il passato e con lo sguardo rivolto al futuro. Sono solo canzonette, direbbe Bennato, ma nel caso dei Green Day va benissimo così.