8.0
- Band: GREEN DAY
- Durata: 00:46:02
- Disponibile dal: 19/01/2024
- Etichetta:
- Reprise Records
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Un doppio anniversario da festeggiare (il trentennale di “Dookie” e il ventennale di “American Idiot”); il rinnovato sodalizio con lo storico produttore Rob Cavallo (dodici anni dopo quella ‘cagata pazzesca’ della trilogia spagnola); il tour nei piccoli club prima del ritorno nelle arene; una copertina finalmente punk… Erano tanti i motivi d’interesse intorno al tredicesimo album dei Green Day, atteso come l’inizio della loro terza giovinezza dopo un paio di lavori discreti ma non certo indimenticabili (l’ultimo in particolare più vicino al side project Foxboro Hot Tubs). Ebbene, possiamo dire che in gran parte le aspettative sono state rispettate, con un nuovo lavoro che, sia qualitativamente che stilisticamente, si pone esattamente al centro rispetto a quanto uscito prima e dopo il 2004.
Come ogni requel che si rispetti, la declinazione è al presente (con riferimenti ad Instagram e alla Gen Z a ribadire che siamo nel 2024), ma con lo sguardo rivolo al passato. È osì che la partenza di “The American Dream Is Killing Me” riprende il concept di “American Idiot” e lo porta ai tempi nostri, mentre l’operazione nostalgia va a ripescare tanto il punk rock senza fronzoli di “Insomniac” (“Look Ma, No Brains!”, “1981”) quanto quello più acustico di “Nimrod” e “Warning” (“Suzie Chapstick”), fino a sfiorare l’auto-plagio con gli accordi di “Strange Days Are Here To Stay” che strizzano il plettro a “Basket Case”.
I Green Day del terzo millennio sono famosi anche per un’attitudine da musical: ecco quindi che la loro rock opera si arricchisce di un terzo atto con “Goodnight Adeline” e “Father To A Son” (quest’ultima per la verità un po’ stucchevole), mentre il ‘Bada bing, bada bing, bada boom’ di “One Eyed Bastard” è già un tormentone pronto per il tour negli stadi. A chiudere il cerchio, qualche digressione più rilassata (“Bobby Sox”), parentesi sempre più personali (l’autobiografica “Dilemma”, riferita alla dipendenza dall’alcol) e il rock and roll sostenuto che guadagna punti grazie anche al tocco magico di Mike Dirnt e Tré Cool (“Coma City”, “Corvette Summer”).
Forse non riusciranno a conquistare anche la generazione Tik Tok, ma quando cala il sipario con la title-track e la coda strumentale di “Fancy Sauce”, c’immaginiamo Billie Joe Amstrong sorridere sardonico come il ragazzo in copertina: l’età della pensione è ancora lontana per il power trio californiano, pronto alla sfida a distanza con i Blink 182 e all’imminente tour celebrativo con una manciata di nuove canzoni in grado di non sfigurare di fianco ai grandi classici che hanno segnato le vite di molti adolescenti dell’epoca.