
7.5
- Band: GREG PUCIATO
- Durata: 00:45:25
- Disponibile dal: 01/07/2022
- Etichetta:
- Federal Prisoner
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Sono sempre degli inni all’eclettismo le pubblicazioni marchiate Greg Puciato. Straordinario interprete vocale con i maestri del math-core catchy e indiavolato The Dillinger Escape Plan, una volta terminata questa prolifera avventura il singer americano ha intrapreso, rimanendo più nell’underground e distendendo i toni, una fortunata attività da solista e in altri progetti. Di tutto quanto prodotto dopo lo scioglimento degli autori di “Miss Machine” e “Ire Works”, si è potuto apprezzare come filo conduttore la frequentazione assidua e riuscita di sonorità soffuse, notturne, divise tra escursioni elettroniche, velature rock moderne, una malinconia flebile e poco invasiva, intervallate da rade accelerazioni memori del convulso passato. In particolare, aveva meravigliato proprio il primo album pubblicato semplicemente a proprio nome, dal titolo “Child Soldier: Creator Of God”, raccolta comprendente un ventaglio di sonorità amplissimo, dalle colorature più disparate, illustrativa sia dell’animosità hardcore di Puciato, sia soprattutto delle sue voglie alternative/pop. Il nuovo “Mirrorcell” non rifugge la vena esplorativa mai sazia del cantante americano, anche se questa volta la tracklist appare più omogenea e con un filo conduttore stilistico meno spezzettato. Nel complesso il disco suona più rock, con chitarre abbastanza aspre a fare da connettore alle effusioni vocali e una generale minore propensione a giocare con suoni rarefatti e sperimentali. Questa è però solo una definizione di massima, perché a conti fatti “Mirrorcell” è altro album dalle molteplici sfaccettature, tali da impedire una sua netta classificazione o una definizione immediata dei suoi contenuti.
Se vogliamo, le prime tracce sono quasi fuorvianti, ponendo in primo piano un impianto di nervoso rock moderno e un Puciato intento a recuperare urla velenose, seppure senza travalicare in un hardcore particolarmente indiavolato. In ogni caso, una “Reality Spiral”, tra chitarre ad alti volumi, strofe incalzanti e un assolo veracemente metallico si segnala come un episodio di facile impatto e presa. Anche la successiva “No More Lives To Go” ha un impianto snello e un riffing accattivante, buono per lanciare ai piani alti la canzone nelle playlist alternative rock del 2022. Ma, almeno fin qui, il gioco è abbastanza facile e, per quanto riuscito, difetta di profondità. Come spesso gli è capitato nel post-The Dillinger Escape Plan, Puciato dà il meglio quando la distorsione chitarristica viene messa in secondo, se non in terzo piano. Rimanendo in territori simili, dilatando i tempi e focalizzandosi sul respiro melodico, “Never Wanted That” regala un potenziale singolo, portandoci poco per volta verso l’intimismo e la rarefazione. Quello affine allo shoegaze della patinata “Lowered 1644”, non a caso scelta come singolo e dove Puciato duetta con Reba Meyers dei Code Orange, trasfigurata in una versione molto mansueta della sua vocalità.
Avvicinandosi ulteriormente al miglior materiale realizzato con i The Black Queen e a quello contenuto in “Child Soldier: Creator Of God”, “We” incontra i nostri favori reggendosi su elettronica minimale, ritmi semplici e tambureggianti e morbidi vocalizzi, delineando umori rilassanti e quasi narcolettici. È questa l’atmosfera predominante nel finale dell’album, perso tra sogno, beata lentezza e suoni sinuosi e siderali. “Rainbows Underground” e “All Waves To Nothing” vanno a fondere l’approccio rock e quello intimista, confezionando due brani scenografici e intensi, dai moderati crescendo e bilanciati tra delicatezza e un pizzico di forza. Anche con “Mirrorcell” Puciato pare aver fatto le cose per bene, con un prodotto forse meno ricco e sfaccettato dell’esordio a suo nome, ma pur sempre prodigo di buona musica, sentimenti e cura nei dettagli. I fan del cantante e della sua produzione extra-The Dillinger Escape Plan apprezzeranno.