GREY AURA – Zwart Vierkant: Slotstuk

Pubblicato il 25/03/2025 da
voto
8.0
  • Band: GREY AURA
  • Durata: 00:47:01
  • Disponibile dal: 28/03/2025
  • Etichetta:
  • Avantgarde Music

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Capita a volte di imbattersi in lavori notevoli che, puntando a esiti più alti del semplice intrattenimento, possono risultare estremamente ostici da affrontare: l’urlo liberatorio “‘La corazzata Kotiomkin’ è una cagata pazzesca!” ne “Il Secondo Tragico Fantozzi” ben esprime l’esasperazione dell’uomo comune di fronte a opere di difficile fruizione.
Fortunatamente., il metal offre già di per sé un terreno su cui è possibile conciliare egregiamente le esigenze artistiche con quelle dell’intrattenimento: se non si può propriamente parlare di ‘orecchiabilità’, viene comunque in generale offerto un certo grado di fruibilità; la volontà poi di comunicare dei contenuti personali, originali, controversi, può concorrere a decretare per taluni dischi la dignità di vere e proprie opere d’arte.
Un album che senz’altro può ritenersi in tale ambito, è questo nuovo “Zwart Vierkant: Slotstuk”, degli olandesi Grey Aura, loro terzo album di inediti che, come esplicitato dal titolo – tradotto, “Quadrato Nero: Ultimo Atto” – è la seconda parte del concept iniziato col precedente, acclamato “Zwart Vierkant” uscito quattro anni fa: un concept basato sul romanzo del cantante e chitarrista Ruben Wijlacker “The Protodood In Zwarte Haren” (“I Capelli Neri Della Protomorte”), un viaggio nell’arte astratta e nella disintegrazione psicologica che coinvolge Pedro, un pittore d’avanguardia del ventesimo secolo, che si prefigge di smantellare la realtà fisica attraverso l’astrazione; proposito, questo, che lo porterà sull’orlo della pazzia.
Il motivo del quadrato nero è il simbolo della corrente avanguardistica russa del suprematismo, fondata a inizio Novecento da Kazimir Malevič, che sosteneva che l’artista moderno dovesse guardare a un’arte libera da fini pratici ed estetici e operare assecondando soltanto la sua pura sensibilità plastica: fino a quel momento la pittura era stata nient’altro che la rappresentazione estetica della realtà, mentre il fine dell’artista doveva essere quello di ricercare un percorso in grado di condurre all’essenza dell’arte, all’arte fine a se stessa.
L’arte astratta sarebbe quindi superiore a quella figurativa: in un quadro figurativo vediamo rappresentato un qualsiasi oggetto o forma vivente, mentre nell’opera suprematista non c’è che un solo elemento, il colore, che viene espresso nel miglior modo possibile in forma astratta e geometrica. La forma rivendica una totale autonomia, opponendosi all’oggettività del mondo reale.
Nel romanzo di Wijlacker, Pedro rimane talmente affascinato dalle tesi di Malevič da vederci un potenziale artistico illimitato e una vera e propria illuminazione spirituale; ma tale fascinazione si tramuta nel corso degli eventi in una vera e propria ossessione, che porterà il percorso artistico di Pedro e la sua esistenza stessa alle estreme conseguenze.
Musicalmente, il quartetto di Utrecht è figlio di quel movimento che si sviluppò in Norvegia quasi in parallelo, piuttosto che successivamente, alla seconda ondata del black metal dei primi anni Novanta; solitamente inserito nel calderone dell’avant-garde metal, era costituìto da gruppi quali Arcturus, In The Woods, Ved Buens Ende, Ulver, Fleurety, Manes, Dødheimsgard e Solfald.
In particolare, gli album che riaffiorano alla mente ascoltando “Zwart Vierkant: Slotstuk” sono “Bergtatt” degli Ulver, per i minimali ma raffinati passaggi acustici che inframezzano i brani e le atmosfere ora disumane, ora stranianti; “The Linear Scaffold” dei Solefald, per le suggestioni filosofiche e letterarie; “Written In Waters” dei Ved Buens Ende, per la rincorsa alle dissonanze e l’andamento jazzato.
Ovviamente, essendo i Grey Aura un gruppo giovane ed essendo passati quasi trent’anni, è possibile riconoscere altre influenze, principalmente mutuate dal post-hardcore e dal math rock, mentre ad esempio due delle tendenze maggiormente in voga nel post-black metal contemporaneo, lo shoegaze e la psichedelia, risultano del tutto assenti.
Va sottolineato come le scelte stilistiche degli olandesi si sposino alla perfezione con quanto narrato nei testi: la complessità della trama, la discesa agli inferi del suo protagonista, la peculiarità di parlare di arte in un’opera che a sua volta è arte stessa risaltano in maniera esemplare nelle folli e imprevedibili partiture dei Grey Aura, capaci di costruire un ponte ideale tra musica, pittura e letteratura.
La sezione ritmica è di gran classe e sovverte i cliché del black metal: il basso di Sylwin Cornielje è udibilissimo e arricchisce le composizioni, mentre la batteria di Seth Van De Loo è tutt’altro che monotona e calamita su di sé gran parte dell’attenzione. Le chitarre di Wijlacker e Tjebbe Broek, pur indugiando molto sul classico tremolo picking, risultano comunque gustose e imprevedibili, in virtù della varietà ritmica e armonica; il giusto mix tra gli strumenti ne esalta il suono, che non risulta mai fastidiosamente zanzaroso. L’urlo stentoreo di Wijlacker tende a essere un po’ monocorde, ma è sufficientemente personale e calza a pennello con la proposta.
Il disco, coerentemente con la sua qualità di concept, è estremamente compatto, sia qualitativamente che come approccio stilistico, e risulta pressoché inutile pescare singoli brani nel mazzo, essendo tutti ugualmente interessanti e riusciti.
Rispetto al suo predecessore, l’album è in generale più classicamente black metal e, se l’avanguardia dei Grey Aura a tratti risulta un po’ rétro, poco male: il fatto di non sfiorare mai l’eccessiva cervelloticità non può che essere considerato un punto a favore. Appassionati del mondo metallico più ricercato e d’autore, qui c’è del pane per i vostri denti.

TRACKLIST

  1. Daken Als Kiezen
  2. De Ideologische Seance
  3. Een Uithangbord Van Wanhoop
  4. Opgehangen Afgrond
  5. Nachten Zonder Dagen
  6. Waarin De Dood Haar Kust
  7. De Stem, Nu Als Zeeboezem
  8. Natalia Goncharova
  9. Moordend Ongeluk
  10. Stille Zon
  11. Slotstuk
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