8.0
- Band: GRIDLINK
- Durata: 00:19:00
- Disponibile dal: 15/09/2023
- Etichetta:
- Willowtip Records
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A volte ritornano. E per fortuna, aggiungiamo noi. Sì, perché di band come i GridLink la scena estrema avrà sempre bisogno, grazie alla loro capacità di trasfigurare l’inaspettato e la sperimentazione in un suono esplosivo, fluido, cinetico. Una proposta che ha come unico termine di paragone sé stessa e il background da fuoriclasse di chi l’ha pensata e scritta, con una line-up che, oggi come nove anni fa, data di uscita del precedente “Longhena”, annichilisce la concorrenza grind ricollegandosi alla parabola dei seminali Discordance Axis, di cui il quartetto nippo-americano è giocoforza l’erede più credibile.
D’altronde, la voce è sempre quella di Jon Chang, frontman dall’ugola inconfondibile che proprio tra i solchi di opere come “Jouhou” e “The Inalienable Dreamless” ha forgiato il proprio mito, mentre il comparto strumentale, alimentato dalla chitarra di Takafumi Matsubara, dalla batteria di Bryan Fajardo (Noisear, ex-Phobia, ex-P.L.F.) e dal basso del neo-acquisto Mauro Cordoba (Maruta), non ha certo smesso di propagarsi come una particella di energia all’interno del CERN, scagliando l’universo sonoro del compianto gruppo del New Jersey in una dimensione ancora più emotiva e febbricitante.
Diciannove minuti di musica che, senza troppe sorprese per coloro già svezzati dalla voracità creativa dei Nostri, racchiudono abbastanza spunti e intuizioni da riempire l’intera discografia di un nome qualsiasi della concorrenza, e che in questo caso – oltre alla consolidatissima capacità di combinare ritmi fantascientifici e tecnicismi da mandibole a terra – evidenziano un gusto melodico mai così peculiare e scintillante. Non sappiamo esattamente da dove Matsubara, sorta di Hattori Hanzo della sei-sette-otto corde, tragga ispirazione per concepire trame così singolari, ma l’impatto, fin dalla cascata di note simil-videoludiche di “Silk Ash Cascade”, è sbalorditivo; un flusso parimenti armonioso e dissonante, dritto e curvilineo, emozionale e matematico, il cui primo obiettivo sembra essere anzitutto quello di acuire i sensi dell’ascoltatore fino allo stordimento.
Dall’universo grindcore i Nostri attingono chiaramente i blast-beat (impressionante, come sempre, la prova di Fajardo dietro i tamburi), le screaming vocals parossistiche, l’ultraviolenza generale, ma se si guarda alla scrittura questa rifugge da ogni regola o previsione, pescando dai filoni più disparati (death, math-core, post e persino screamo/shoegaze, vista la brillantezza di alcune melodie) e disegnando una traiettoria musicale da cui è arduo distogliere l’attenzione.
Il tutto, ovviamente, senza mai dare l’impressione che i GridLink vogliano mettere insieme un collage a prescindere da quello che è (e resta) il senso logico, anzi. Ogni brano della tracklist ha la sua identità, con riff e soluzioni cesellati minuziosamente per restare in testa, e questa ricerca ‘pop’ fa sì che, al netto dei livelli di intensità e complessità raggiunti, l’ascolto di “Coronet Juniper” si configuri comunque come decifrabile, lontano dai costrutti inaccessibili di certo metal estremo contemporaneo.
Una gincana tra colpi di blaster e piogge di asteroidi che risponde miracolosamente al quesito: come suonerebbero Envy, Insect Warfare e primi The Dillinger Escape Plan se venissero messi insieme in una stanza?