7.5
- Band: GRIEF SYMPOSIUM
- Durata: 00:54:15
- Disponibile dal: 27/01/2023
- Etichetta:
- Church Road Records
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Scendere nell’abisso di se stessi non è cosa facile, ci vuole coraggio perché nel buio del proprio io si nasconde tutto ciò che ci tormenta. Gli incubi più reconditi sono evasi dalla prigione della ragione, per contenerli ed annientarli sarà necessario attraversare un percorso lungo e tetro che porterà la coscienza a riappropriarsi della luce sottratta. È da questo viaggio interiore che i Grief Symposium traggono spunto per comporre il loro primo full-length “…In The Absence Of Light”: una sorta di concept album che scava nell’animo umano alle prese con le proprie paure, con le proprie ferite che spesso vengono lenite dalla fede in qualcosa di più grande ed ignoto.
Nata dalle ceneri dei The King Is Blind, la band inglese sfodera una lama tanto pesante, quanto tagliente di un death metal annerito dall’ombra densa del doom che, con il suo strascico malinconico, placa i tremori epilettici del terrore. Il suono sinistro delle campane di “Among Dead Gods” ci introduce nel mondo oscuro dei Grief Symposium fatto di ritmi cadenzati, pesanti come piombo, che trascinano lunghe catene di angoscia. Ma i Nostri sanno anche accelerare e modificare i connotati sonori dei loro brani proponendo diversi cambi di velocità, pause introspettive accompagnate da arpeggi melodici e ripetizioni ipnotiche in grado di congelare la scena musicale per diversi attimi. Il quartetto deathster prende in ostaggio la violenza old-school degli Immolation spingendola ferocemente nelle acque fredde dei Candlemass, nel fango dei Celtic Frost per poi lasciarla in balia di un vento malato soprannominato Portal. Una tortura sonora che funziona benissimo, che porta all’universo dei Grief Symposium una dinamicità singolare e multiforme come si può constatare nel brano “In the Shadow of the Sleeping Monarch”: nove minuti epici architettati su riff trascinanti, sterzate ritmiche ed un seducente romanticismo nel finale. “Descent Into Pandemonium” separa il suono lento e cupo dell’angoscia dalla voracità del tormento, della rabbia che urla attraverso una voce ruvida e profonda proveniente da chissà quale cerchio dell’inferno. Gli arrangiamenti delle chitarre sono sempre molto accattivanti ed orecchiabili, di sovente gli spigoli del death vengono arrotondati da sonorità tendenti all’heavy così da diventare molto più fruibili. “Esoteric Mirrors” è l’ultimo vero pezzo del platter, suddiviso in capitoli introspettivi e sognanti sopra i quali piovono le gocce pesanti di doom che si evolvono in una portentosa tempesta ritmica, ingoiata successivamente dalla foschia della tristezza. Dopo esser scesi nell’Ade di se stessi, ci si ritrova nell’oblio di una stanza circolare senza via d’uscita, passo dopo passo ci attendono i diciotto minuti di “The Amber Kiss of the Sun”: nel brano di matrice ambient, la voce narrante di Aaron Stainthorpe (cantante dei My Dying Bride) scandisce il tempo di ciò che abbiamo visto e subito lungo la nostra personale discesa. Una sorta di sospensione che induce a rilassarsi e riflettere per poi prendere una decisione: quella di riaffiorare in una nuova vita o di annegare per sempre nel buio di effimere memorie.
Concludendo, possiamo affermare che “In The Absence Of Light” è un ottimo debutto di raffinata qualità, capace di stimolare sentimenti ed emozioni troppo spesso anestetizzati dalla consuetudine. La varietà sonora e la componente mistica che avvolge i sette brani dell’album ci metterà di fronte ad uno specchio temporale nel quale sarà difficile riconoscersi e molto facile smarrirsi. In questo rumoroso mondo spettrale, il bello sarà ritrovare il volto del proprio riflesso deformato dalle pesanti note dei Grief Symposium.