7.5
- Band: GRIFFON
- Durata: 00:36:54
- Disponibile dal: 16/02/2024
- Etichetta:
- Les Acteurs De L'Ombre Productions
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La Francia: una nazione che, più di altri, sembra particolarmente adatta, per storia e carattere, a certo black metal barocco e sinfonico, almeno a giudicare da “De Republica”, opera terza dei francesi Griffon.
In meno di quaranta minuti, il quartetto parigino dipinge a pennellate forti – fatte di un doppio pedale che non trova pace, cori tra voci pulite e ferine, chitarre lancinanti – uno scenario di sangue, ribellione, riflessioni su teocrazia e l’essenza stessa della libertà, già presenti nel precedente “‘O Θεός ‘O Βασιλεύς” e qui rese ancora più affilate ed efficaci.
Passando con nonchalance da “L’homme du Tarn”, Jean Jaurès (deputato socialista francese e unico ad opporsi alle politiche di tensione pre-Prima Guerra Mondiale, assassinato per questo) alle romane Idi di marzo, nell’omonima canzone, i Griffon corrono avanti e indietro nella storia (nazionale e non solo) scegliendo di dare corpo e sostanza, con la propria musica, all’impetuosa forza in grado di rovesciare regni santi e sollevare nazioni, in uno splendido paradosso tutto umano. Oltre a ricordarci i nostri Fleshgod Apocalypse – si ascolti in proposito “La semaine sanglante” per gustare meglio il paragone – qui e lì sentiamo anche echi dei Septicflesh più recenti per talune costruzioni tra controtempi e riff, fino ad arrivare, con la title-track e le sue evocazioni, a lambire le vesti dei Behemoth più raffinati. Eppure, al netto dei paragoni, dobbiamo dire che il connubio tra stacchi di pianoforte o sfuriate nere risulta sempre a fuoco e armonioso nell’equilibrio di contrasti, soprattutto tra l’epicità belligerante della combo chitarre/sezione ritmica e i momenti più trionfali o di solenne narrazione, e citiamo ancora “L’homme du Tarn” in proposito.
La combo “A l’insurrection”/”La loi de la nation”, poi, brilla di quella luce propria derivante da una scrittura particolarmente sentita e ispirata, rendendo le due canzoni tra le migliori del lotto; anche a fronte di una certa compattezza generale e dell’assenza di grandi scossoni a livello di varietà (e se i Griffon scegliessero in futuro di tentare soluzioni ancora più audaci, siamo sicuri che i risultati sarebbero ottimi), quei due pezzi sono la punta rinforzata di un proiettile velocissimo che passa attraverso lasciando una ferita pulita e micidiale quanto basta.
Accompagnato dall’ennesima, bellissima copertina firmata da Adam Burke, “De Republica” è un inno nero e sontuoso, orgoglioso e sprezzante (come solo i francesi sanno essere) alla democrazia, libera e laica, e alla lotta per mantenerla costantemente tale. Terzo album, decisamente buona conferma: chapeau, non c’è che dire.