7.5
- Band: GRIME
- Durata: 00:38:08
- Disponibile dal: 01/09/2015
- Etichetta:
- Argento Records
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Dopo l’ascolto di “Deteriorate”, debutto dei Grime datato 2013, era comprensibile azzardare confronti con tutta una serie di giovani realtà o vecchie glorie sludge e doom metal. Il quartetto friulano non inventava niente, ma picchiava duro e denotava competenza ed entusiasmo, allontanandosi di rado da una buona media qualitativa che faceva sì che la fruzione non risultasse mai noiosa. Due anni più tardi, con in tasca un contratto con la neonata Argento Records di Michael Bertoldini (chitarrista dei The Secret), i ragazzi dimostrano tuttavia di avere qualche freccia in più al proprio arco e di essere forse stanchi di seguire alla lettera i dettami dello stile di partenza. “Circle of Molesters” non è un album semplicissimo da assimilare, ma per certi aspetti è molto più semplice all’ascolto del precedente capitolo discografico. Quel che accade evidentemente in questa nuova tappa è la trasformazione della desolante disperazione, avvisata precedentemente, in rabbia pesante ed energetica. Lo sludge sepolcrale del debutto muta così, in maniera abbastanza inaspettata, in un suono maggiormente sfaccettato e vagamente più arioso, il quale, in alcuni brani, arriva anche ad incorporare influssi death metal. La differenza la fa soprattutto il drumming, qui più sciolto, intraprendente ed incisivo: in particolare, su pezzi come “Get Immortal”, “Decay in Hades” o “Sulphorous Veins” il gruppo non ha paura di staccarsi dal suo tipico incedere grasso e claudicante per cimentarsi in vigorosi mid-uptempo sorretti da doppia cassa. Il risultato finale è un interessante via di mezzo tra la fuliggine dei sottovalutati Grief (o magari anche dei più recenti Graves At Sea) e la barbarità degli Asphyx di Martin Van Drunen. Insomma, se le vecchie composizioni della band parevano costruite per sfociare sempre in un assordante frastuono e in abissi di lentezza volti esclusivamente a sfiancare l’ascoltatore, gli episodi di “Circle of Molesters” – grazie in primis ad aperture ritmiche più variopinte e a delle chitarre che in qualche caso arrivano a sdoppiarsi per poi duellare – hanno tra gli obiettivi anche quello di martellare e invitare all’headbanging più sfrenato. In sintesi, un disco ben congegnato e coinvolgente, che, almeno in parte, esula dai soliti, abusati canovacci sludge et similia. Sicuramente un nuovo punto di partenza, dal quale tracciare nuove e sempre più avvincenti linee direttrici.