
7.5
- Band: GROZA
- Durata: 00:42:01
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- AOP Records
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Chi ama il black metal non potrà che collegare la parola Groza al primo full-length dei Mgla, ma questa volta il termine è associato al nome di una band. Diciamolo subito, fra i meandri del disco che andremo ad analizzare, c’è molto dei blackster polacchi, sia in termini di sonorità che composizione. Inoltre, come ammesso dagli stessi Groza, i Mgla sono stati la scintilla che ha innescato l’incendio dal quale si sono forgiati traendone ispirazione. Nato nel 2016 come one-man band, il progetto tedesco Groza si è potenziato con l’aggiunta di altri tre membri che hanno contribuito a valorizzare questo disegno sonoro che resta privo di volto per volere degli stessi autori. Ora, a tre anni dal chiacchierato debutto “Unified and Void”, i Nostri, tramite AOP Records, pubblicano il secondo album intitolato “The Redemptive End”. Un lavoro nel quale riff trascinanti e violenti flirtano con dissonanze velate: un connubio che si accartoccia su sé stesso dando origine a vette acuminate dalle quali si staccano valanghe di adrenalina. Il quartetto bavarese suona un black metal moderno, seguendo la rotta di precursori affidabili. Come una nave fantasma, i ragazzi navigano in acque non troppo profonde, lasciando bruciare emozioni all’interno di lanterne luminose che attraggono la curiosità. Le mastodontiche ombre dei Gaerea e degli Uada circondano l’imbarcazione dei Nostri. Traendo vantaggio dalla presenza di questi mostri, i Groza evocano sonorità familiari che prendono forma in travolgenti arrangiamenti di chitarra sui quali si infrangono, come onde, blastbeat scroscianti. La band non si limita a farsi trasportare dalle correnti, ma traccia la propria rotta attraverso un’efficace costruzione compositiva dei sei brani totali. Senza troppi virtuosismi, i tedeschi, tengono l’ascoltatore legato all’albero maestro dispensando ferocia armoniosa e sezioni alquanto orecchiabili. In alcune circostanze sembra che il black venga attraversato da correnti metalcore che inducono l’equipaggio a restare concentrato per mantenere la giusta rotta. Analizzando i brani, emerge l’ipnotica “Elegance Of Irony”, che si ricopre di un’intensa epicità, mentre la camaleontica titletrack si inerpica su differenti sonorità soffermandosi su un giaciglio di pace per poi essere investita da un turbine folgorante. “Homewards”, la traccia che chiude il disco, offre dieci minuti di trepidante dolore che, come ghiaccio al sole, si liquefa su ritmiche tormentate che vengono placate da intrecci arpeggianti e timidi silenzi romantici.
In conclusione, “The Redemptive End” resta un album godibilissimo malgrado le diverse reminiscenze sonore incastonate al suo interno.
Groza è un termine in lingua slava che può essere tradotto in tempesta o terrore: bene, non è mai stato così piacevole starne nel mezzo, specialmente durante una torrida estate.