7.5
- Band: GUNJACK
- Durata: 00:53:42
- Disponibile dal: 02/02/2022
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Chi ha già avuto modo di conoscere ed ascoltare a dovere i primi due dischi dei Gunjack, non può che aspettarsi dal nuovo “The Third Impact” un disco di pura adrenalina, costruito a suon di bordate rabbiose e soprattutto influenzato dal sound degli immortali Motörhead . Questo è ciò che in effetti la band italiana offre, senza tanti complimenti. La breve intro “Dagon” infatti, lascia subito spazio a “Blast’n’Roll”, un brano il cui titolo non lascia adito ad alcun dubbio: i nostri infatti attaccano a tutta velocità con un heavy metal tirato ed incalzante, troneggiato dal cantante e bassista Mr. Messerschmitt intento a cantare con la sua ugola sporca e praticamente uguale a quella del mai troppo compianto Lemmy Kilmister. Definire però i Gunjack dei meri cloni sarebbe un grave errore: infatti all’interno dei loro brani troviamo cambi di tempo, assoli di stampo heavy classico ed inserti atmosferici (“The Tournament”) che rendono l’ascolto più dinamico e variegato. Il meglio, va detto, viene offerto nelle composizioni più dirette, veloci e ferali, come “Nuke To Be Sure” o “Heart Of A Tank”, dove i nostri sconfinano in lidi thrash metal all’insegna della furia omicida tipica delle formazioni più grezze e violente degli anni Ottanta. A parte l’intermezzo strumentale “Coma”, non è possibile fermarsi nemmeno pochi secondi per riprendere fiato, perchè per tutta la durata dell’album i Gunjack distribuiscono mazzate a non finire! I suoni di questo album rendono onore alla musica, senza eccessivi artifizi in studio e inutili suoni compressi, la band riesce a tirar fuori un risultato decisamente ‘naturale’ (soprattutto le parti di batteria), che privilegia ovviamente l’impatto sonoro devastante quanto un improvviso pugno nello stomaco. Disco dopo disco, in questi cinque anni di attività il gruppo ha mostrato notevoli miglioramenti che hanno permesso ai musicisti di costruirsi attorno una solida credibilità e reputazione. I deboli di cuore dovrebbero mantenersi lontani da questo disco di puro drunk’n’roll vecchia scuola, destinato piuttosto a chi ogni giorno si nutre di pane ed energia nucleare senza tanti compromessi: quattordici canzoni in poco meno di un’ora di durata, semplicemente perfette per incendiare i palchi durante i futuri show che speriamo possano riprendere al più presto. Un ritorno molto gradito, un’autoproduzione che merita tutta l’attenzione degli addetti ai lavori per un futuro contratto discografico!