8.0
- Band: GUNSHIP
- Durata: 01:01:04
- Disponibile dal: 29/09/2023
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Se siete tra coloro che sono stati irretiti dai neon luminosi della synthwave, non lasciatevi scappare “Unicorn”, nuova creatura dei Gunship.
Il trio inglese torna a cinque anni di distanza dal precedente “Dark All Day” (la cui title-track, insieme con un video ricchissimo di citazioni, spicca ancora oggi nella discografia dei Nostri) con forze e ispirazione rinnovate, regalandoci un’ora abbondante di suoni tanto nostalgici quanto sintetici e cyberpanorami illuminati dalla luce zuccherosa del tramonto o delle insegne notturne, con una carica in termini di orecchiabilità ‘pop’ e anthem azzeccati da spazzare via qualsiasi resistenza.
Da “Monster In Paradise” fino almeno a “Weaponised Love” (i cui bassi cadenzati ci hanno conquistato dal primo ascolto) è un fuoco incrociato e ininterrotto di potenziali hit capaci di far muovere fianchi e testa anche al più spassionato degli ascoltatori, ed anche in un genere liquido e comunque di fruizione più immediata come questo mantenere lo stesso livello di adrenalina, ritornelli azzeccatissimi, sassofono (ad opera di un ispiratissimo Tim Cappello, molto presente in tutto il disco), vibrazioni da horror adolescenziale, distopie, citazioni di un ‘anniottantismo’ mitizzato (ed oramai codificato quasi come epoca a sè stante) per buona parte del lavoro non è cosa da poco.
Quest’ultimo punto è forse il più interessante in termini di derive musicali ed evoluzione del suono: riuscire a trasmettere un determinato tipo di feeling rètro e risultare freschi e ‘moderni’ al tempo stesso è un equilibrio difficile da mantenere, eppure qui Alex Westaway e soci non solo sintetizzano alla perfezione questa formula (basta ascoltare l’irresistibile “Taste Like Venom”, il ritornello cantilenante di “Run Like Hell” o la più languida “Postcard From The American Dream”), ma la applicano con versatilità e colpi di elettronica ben assestati, creando un ibrido fantastico (come la creatura che titola l’album) e tirando fuori momenti ruffiani e laccatissimi come “Empress Of The Damned” – con la vocetta di Lights a segnare le classifiche pop di immaginari futuri fantascientifici – o il romanticismo patinato di “Holographic Love”, alternandole ad esempio alla piccola scheggia di follia “Blood For The Blood God”.
A rendere ancora più ghiotto il piatto (almeno per chi, come chi scrive, mastica comunque sonorità ben più dure), una manciata di collaborazioni di lustro: a cominciare dal prezzemolino Dave Lombardo in apertura con “Monster In Paradise”, continuando con l’oramai immancabile scambio di favori tra gli inglesi e Carpenter Brut (Westaway aveva prestato la propria voce all’artista francese in “The Widow Maker”, tra i momenti migliori di “Leather Terror”, uscito l’anno scorso) per una “DooM Dance” deliziosamente sinuosa e martellante, per finire con la chicca del maestro John Carpenter, la cui voce iconica introduce “Tech Noir II”, uno degli episodi migliori dell’intero lotto.
La seconda parte del disco è leggermente meno splendente e adrenalinica (“Ghost”, con ospite un altro caposaldo come Power Glove, è abbastanza fiacca e priva di mordente), e non a caso rimanda più a sensazioni nostalgiche, dilaganti fino al momento prima di risultare stucchevoli, ma nel complesso il terzo lavoro dei Gunship rimane una delle uscite migliori del 2023 nell’ambito della synthwave più classica (e meno prona a derive chimiche o durezze metalliche): se sentite la necessità di una boccata d’aria diversa rispetto al nostro genere preferito o se sotto sotto avete un cuore da synth rider e non avete paura di ammetterlo, recuperate “Unicorn” senza indugi. Scommettiamo che vi ritroverete a cantarne e ballarne gli episodi molto prima di quanto vi aspettiate.