voto
7.5
7.5
- Band: H.E.A.T.
- Durata: 00:45:52
- Disponibile dal: 28/05/2010
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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Non è certo una proposta musicale innovativa quella degli H.e.a.t, tuttavia questa giovanissima band svedese che già aveva ben impressionato due anni fa con l’omonimo debutto continua a far parlare di sé grazie a doti compositive sopra la media. “Freedom Rock” è un divertente viaggio negli anni ’80 tra sonorità hard rock e più laccate suggestioni AOR, interpretato con classe da musicisti che a dispetto della giovane età sembrano veterani, a cominciare dal front man Kenny Leckremo in grado di spaziare da puliti estremamente acuti a soluzioni più calde in stile Coverdale, fino al tastierista Jona Tee, mai sopra le righe eppure prezioso nel ricreare il sound di una volta. Il secondo capitolo in studio del sestetto scandinavo mostra una produzione impeccabile, al passo coi tempi, ma allo stesso tempo garantisce il tributo agli ’80 con chorus e riverberi ovunque, ritornelli corali, tastiere zeppe di sonorità patinate, insomma gli H.e.a.t non fanno proprio nulla per mascherare la propria devozione nei confronti dei vari Whitesnake, Bon Jovi, Europe e Survivor. Probabilmente se stessimo parlando di un songwriting appena discreto archivieremmo gli H.e.a.t come un’onesta cover band di un epoca d’oro, ma in questo caso il gruppo originario di Stoccolma evidenzia capacità compositive decisamente sopra la media tanto che in “Freedom Rock” non riusciamo a trovare un solo punto debole all’interno di una tracklist altresì zeppa di potenziali singoli. A partire dalla zuccherosa opener “We’re Gonna Make It To The End”, gli H.e.a.t iniziano a macinare una serie di brani diretti, sfrontati e coinvolgenti, caratterizzati soprattutto da refrain memorabili dopo il primo ascolto, come confermano “I Can’t Look The Other Way” o “Danger Love”. “Black Night” si segnala anche per la presenza di Tobias Sammet, chiamato a duettare con Leckeremo, prima del ritornello corale da cantare senza freni, mentre brani come “Shelter” e la conclusiva “Who Will Stop The Rain” certificano la capacità della band svedese di saper scrivere ballate di gran gusto melodico che i romanticoni non smetteranno di ascoltare neanche dopo la centesima volta. E’ chiaro che, se questo piccolo gioiellino hard rock fosse uscito trent’anni fa, staremmo parlando di un autentico masterpiece, mentre ora ci dobbiamo accontentare di un onesto e passionale tributo al passato di altissima qualità, imprescindibile per gli amanti del genere.