7.5
- Band: HADIT
- Durata: 00:47:51
- Disponibile dal: 15/03/2024
- Etichetta:
- I Voidhanger Records
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Gli Hadit sono davvero un culto dedicato completamente all’underground e crediamo che a questo punto se ne compiaccia la band tanto quanto gli ascoltatori. Con queste coordinate in mente, è piacevolissimo vederli ritornare dall’oblio dopo un triennio da “With Joy And Ardour Through The Incommensurable Path” e da quasi una decade dal primo oscuro mini “Introspective Contemplation Of The Microcosmus”.
Anche stavolta è un titolo decisamente astratto come “Metaphysical Engines Approaching the Event Horizon” ad introdurre una serie di canzoni che si rifanno ad un death metal criptico e oscuro di matrice Dead Congregation o Grave Miasma, senza dimenticare ovviamente le basi del genere in una dimensione che va dai Nile ai Deicide, passando per i Morbid Angel.
Guardando l’artwork, dopo una spruzzatina di colore del precedente “With Joy”, il mondo degli Hadit torna ad essere completamente in bianco e nero, anche se sarebbe sbagliato non notare diversi cambi di umore musicali all’interno del disco, variazioni che ne allungano oggettivamente la vita. Il brano di apertura, “Becoming The Light Eternally Travelling On The Proton Sphere”, sorprende un po’ per il mood sognante e un po’ triste con cui si introduce prima di lanciarsi in un uptempo notevole: pare quasi, per qualche attimo, di sentire certi October Tide. Più brutale e classico è invece il successivo brano “Interstellar Mediums Rhapsody”, anche se certe dissonanze nel lavoro delle chitarre ci ricordano ancora come gli Hadit concepiscano la propria musica come strutturalmente complessa e non come un semplice omaggio al tempo che fu.
Interessanti, da questo punto in poi, gli inserti di voce in pulito, spesso più declamati che cantati, utilissimi a dare altro respiro ad un prodotto che fa il possibile per non ripetere stancamente quanto già fatto finora da centinaia di band. E’ questa secondo noi la chiave di lettura definitiva di “Metaphysical”, che nella prima parte si mostra volenteroso nello spingersi oltre: “Three Ways Of Death After Gravitational Collapse” è, in questo senso, il brano che ci piace di più, con il suo lavoro di basso notevole, le voci pulite nel break centrale, la ferocia delle parti ritmate e gli inaspettati cambi di tempo.
Perché allora, direte voi, non stiamo parlando di un top album? Semplicemente perché, a nostro parere, nella seconda metà ritroviamo gli Hadit immersi in composizioni più quadrate e meno coraggiose, brani che non colpiscono come i precedenti.
Se escludiamo l’ultima, conclusiva e poderosa “Dal Tramonto Sul Nulla, Dove Fuoco Diventa Cielo” che rialza l’asticella, troviamo che ci sia una differenza di qualità fra il primo e il secondo lotto di canzoni. Per esempio, “Blood And Gods Know Where Weakness Is” è un brano sì schiacciasassi, ma che in definitiva ci lascia molto meno degli altri momenti citati in apertura. Nel complesso, comunque, questo ritorno degli Hadit è ben suonato e concepito, oltre che ottimamente prodotto da Gabriele Gramaglia (Cosmic Putrefaction, Vertebra Atlantis), che si occupa anche di suonare basso, parte delle chitarre e synth.
Ben fatto, comunque. Molto ben fatto.