7.5
- Band: HAEMOPHAGUS
- Durata: 00:35:32
- Disponibile dal: 20/03/2017
- Etichetta:
- Selfmadegod Records
Spotify:
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Gli Haemophagus, da annoverare ormai tra i nomi di punta dell’underground europeo più marcio e corrotto, tornano all’assalto con un nuovo album, il terzo di una discografia priva di qualsivoglia tentennamento o passo falso. Dopo l’approccio 100% old school dell’esordio “Slaves to the Necromancer” e le divagazioni progressive rock/doom di “Atrocious”, il quartetto siciliano si riaffaccia sul mercato forte dell’esperienza acquisita in tredici anni di carriera e con la volontà di non ripetere pedissequamente quanto fatto in precedenza, confezionando una tracklist che, senza mai snaturare il proprio background, presenta diverse novità rispetto alle suddette opere. La base di “Stream of Shadows” è la solita di sempre, e pesca a piene mani dalla scena death, grind e proto-grind di fine anni ’80/inizio anni ’90, con i vessilli lerci e maleodoranti di gente come Autopsy, Carcass, Repulsion e Terrorizer a rendere irrespirabile l’aria intorno al disco, ma basta poco per accorgersi di come sotto la superficie i Nostri abbiano inserito correnti dall’indole più acida, schizzata e – perchè no – moderna, figlie di un ipotetico incontro tra la band di Chris Reifert e le atmosfere sci-fi/gore di “Terrore nello spazio” di Bava. Quei rallentamenti sabbathiani e quelle arie cimiteriali che tanto ci avevano esaltato nel 2014 qui faticano a trovare spazio, sostituiti da riff vagamente stralunati, ritmiche convulse e colpi di scena improvvisi come il sax (?!) dell’ottima “Meteor Mind” o le dissonanze di “Twisted Syllables”, frutto di un songwriting sempre e comunque agile, ispirato e che nel giro di un paio di battute riesce a centrare fragorosamente l’obiettivo (quattordici tracce per poco più di mezz’ora di musica). Anche in questa versione 2.0 – per certi versi meno dinamica sotto il profilo ritmico – gli Haemophagus si confermano insomma un gruppo di assoluta caratura e intraprendenza, tra i pochi nel filone a non ostinarsi a copiare un “Severed Survival” o un “World Downfall” e a mettersi in gioco con soluzioni proprie, indispensabili per stimolare l’ascoltatore e non cadere nelle paludi dell’inflazionatissimo fenomeno revival. Una piccola certezza attraverso cui infondere energia e depravazione alla routine della vita quotidiana.