8.0
- Band: HAMFERÐ
- Durata: 00:43:38
- Disponibile dal: 22/03/2024
- Etichetta:
- Metal Blade Records
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Dopo lo splendido “Támsins Likam” del 2018, avevamo perso le tracce degli Hamferð, formazione faroense dedita ad un intenso e disperato doom death, figlio di My Dying Bride, Swallow The Sun e primi Katatonia. Dopo una pausa così lunga, la band di Theodor Kapnas riuscirà a creare qualcosa di altrettanto potente? O l’album del 2018 rimarrà una gemma isolata? Per fortuna, bastano pochi minuti a “Men Guðs Hond Er Sterk” per scacciare via ogni dubbio.
Gli Hamferð confermano la formula musicale vincente del loro precedente lavoro, e mettono in musica un altro splendido omaggio alla loro terra, quelle isole Fær Øer abbarbicate nel Mare del Nord, a metà strada tra Norvegia e Islanda.
Per questo nuovo lavoro, il sestetto decide di asciugare ulteriormente il proprio sound, scegliendo un approccio da live in studio: come racconta lo stesso Kapnas, la band ha suonato tutto in presa diretta, cercando di catturare al meglio l’essenza degli Hamferð, anche a costo di rinunciare ad una parte di quella precisione che il lavoro in studio e le tecnologie moderne consentono di ottenere con facilità. Questo si traduce in arrangiamenti più diretti, che danno ancora più spazio alle chitarre e relegano invece ad un ruolo più di contorno le tastiere. Il lettore, però, non immagini un vero e proprio assalto sonoro continuo: pur mantenendo l’impatto della dimensione live, infatti, gli Hamferð non rinunciano a dare sfumature alla propria proposta, questo grazie ad arrangiamenti curati e, soprattutto, grazie alla prova vocale di Jón Aldará, cantante estremamente versatile che ci ha ricordato ICS Vortex, capace di passare con grande facilità dal growl cavernoso ad una voce limpida e vibrante in grado di raggiungere vette ragguardevoli.
Anche il concept lirico, pur essendo trattato completamente in lingua faroense, appare molto interessante. “Men Guðs Hond Er Sterk”, infatti, è ispirato da una vicenda realmente accaduta nel 1915, quando quattordici marinai persero la vita a causa di una violenta tempesta durante una caccia alla balena sulla costa vicina al villaggio di Sandvik. Una storia che si adatta molto bene all’immaginario degli Hamferð, il cui monicker indica, nella lingua faroense, proprio l’apparizione spettrale di un morto in mare ad una persona cara.
Proprio come le isole vulcaniche del Regno di Danimarca, gli Hamferð uniscono paesaggi austeri e spigolosi a scorci di sfolgorante bellezza: “Ábær”, ad esempio, apre il disco in maniera tagliente, con la voce gutturale di Aldará ad appoggiarsi su un riffing potente e massiccio; a fare da contrasto, invece, abbiamo un brano come “Glæman”, malinconico e delicato, oppure “Fendreygar”, che unisce questi due mondi, alternando carezzevoli arpeggi a squarci di maestosità elettrica.
La vera chiave di volta dell’album, però, è “Hvõlja”, un titolo che significa ‘pelle di balena‘ e che rappresenta al meglio la discesa negli abissi intrapresa dagli Hamferð. Concrezioni sonore si trascinano su chitarre viscose, monolitiche ed inesorabili coma la tettonica delle placche, con Aldará a regalarci la sua prova più cavernosa e oscura.
L’album si chiude, infine, con la title-track, un brano in cui la band si limita ad accompagnare con un arrangiamento malinconico un’intervista realizzata ad uno dei sopravvissuti della tragedia di Sandvik, un uomo ormai novantenne, che racconta dopo tanti anni le sensazioni provate in quel giorno di tanti anni prima. Ancora una volta non siamo in grado di cogliere il significato delle parole, eppure la forza e l’espressività della voce riescono a veicolare tutte le emozioni che la band voleva raccogliere.
“Men Guðs Hond Er Sterk”, dunque, riesce ad insinuarsi nella nostra anima alla maniera dei grandi, ovvero confermando tutto ciò che rende unica la band, ma senza ripetere semplicemente una formula rodata e, anzi, mettendosi in gioco con quache rischio inaspettato. Sarà interessante vedere se l’entusiasmo per un brano come “Hvõlja” porterà la band ad un ulteriore passo verso il versante estremo del doom death o se il prossimo capitolo porterà ad una nuova ed inattesa evoluzione. Entrambe le soluzioni ci sembrano molto promettenti, quindi speriamo solo di non dover attendere altri sei anni per poter avere tra le mani un nuovo capitolo targato Hamferð.