7.0
- Band: HAMMERFALL
- Durata: 00:44:46
- Disponibile dal: 25/02/2022
- Etichetta:
- Napalm Records
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Che gli Hammerfall abbiano contribuito prepotentemente alla rinascita dell’heavy e del power metal duranti gli anni Novanta è cosa risaputa e dischi come “Glory To The Brave” (1997) e “Legacy Of Kings” (1998) sono da sempre considerati due autentici capisaldi della scena metallica. Dopo tre anni dal solido e convincente “Dominion” e ben venticinque da quel leggendario debutto, i templari svedesi tornano ad impugnare il loro martello per dar vita al dodicesimo lavoro in studio della loro ormai lunga carriera.
Difficile attendersi chissà quale novità all’interno di un sound ormai fortemente consolidato: le nuove composizioni si muovono rispettando alla lettera la formula trionfante già proposta in passato con melodie avvincenti, midtempo che si alternano a passaggi più esplosivi, riff e assoli di chitarra ben assestati.
Gli Hammerfall giocano alcune delle loro carte migliori subito in partenza: “Brotherhood” ci riporta ai momenti scoppiettanti del passato e a dischi come “Renegade” e “Crimson Thunder”, con un lavoro egregio alle chitarre di Pontus Norgren ed un ritornello classico ma dall’impatto assicurato, dato che il testo è dedicato alla fratellanza che lega da anni i due leader della band: Joacim Cans e Oscar Dronjak. Le note epiche della massiccia titletrack irrompono con fervore confezionando un autentico inno power-heavy, certamente poco innovativo e a tratti scontato, ma capace di trasmettere una crescente adrenalina, certamente ancor più evidente in sede live. Il quintetto svedese pesca dal proprio mazzo un altro paio di brani convincenti prima con la frizzante “No Son Of Odin”, uptempo che farà la felicità di molti fan storici della band, e successivamente con la più evocativa “Venerate Me”, brano per cui sono necessari un paio di ascolti prima di essere digerito del tutto ma che si assesterà presto tra le hit del disco. Le atmosfere powereggianti ed armoniose di “Too Old To Die Young” giocano un ruolo fondamentale all’interno della tracklist, piazzando un refrain tutto da cantare e, dopo la parentesi più tranquilla rivolta alla classica ballata “Not Today” – piacevole ma che non verrà ricordata negli anni a venire – si torna a spingere sul pedale dell’acceleratore con i ritmi sostenuti di “Live Free Or Die”, dove riff consistenti convogliano fino ad un coro rotondo e possente, affidando la chiusura ai colpi decisi della roboante e frenetica “No Mercy”.
Un disco compatto e diretto, proiettato al suo massimo splendore grazie ad una produzione vigorosa, risultato di un lavoro di squadra che ha coinvolto Fredrik Nordström – per quanto riguarda batteria, mastering e mixaggio, Jacob Hansen – che ha registrato tutte le voci – e lo stesso Pontus Norgren, responsabile del suono delle chitarre. Le nuove composizioni non brillano certo di originalità, ma rispecchiano fedelmente ciò i seguaci del gruppo svedese si aspettano da una band ancora una volta fedele al proprio sound.