8
- Band: HAMMERFALL
- Durata:
- Disponibile dal:
Spotify:
Apple Music:
Gli Hammerfall, nel bene o nel male, hanno sempre fatto parlare di sé: mi ricordo che quando uscì il loro primo album ‘Glory to the brave’, il mondo metal gridò al miracolo, e ora a distanza di soli 4 anni gli stessi sono ricordati come il gruppo ‘ottusamente defender’ per antonomasia. Addirittura sono in commercio delle magliette con su scritto Anti-Hammerfall o cose del genere. Quando si dice che una band ‘o si ama o si odia’, il paragone più azzeccato è proprio con i nostri 5 svedesoni: il loro essere pieni di clichees, il loro voler ostinatamente riportare in auge un sound (quello ottantiano) ormai morto e sepolto, il loro esplicito riproporre la stessa musica, disco dopo disco, con aperta avversione a cambiamenti di sorta, il loro look e la loro attitudine ‘Manowariana’, tutto sembra dare adito a guerre intestine tra metallari, defenders da una parte e… tutto il resto dall’altra.
Purtroppo, la recensione è capitata nelle mie mani, e chi mi conosce sa quanto io sia uno spudorato defender nel senso più stretto del termine, quindi non potrà che essere assolutamente faziosa: per quanto io mi sforzi, non riesco proprio a trovare un difetto che sia uno in ‘Renegade’, anzi lo trovo magnifico al pari dei precedenti, fantastici, ‘Glory to the brave’ e ‘Legacy of kings’, quest’ultimo poi vero capolavoro assoluto! Per cui se non amate il metal classico come quello proposto dagli Hammerfall, o semplicemente li trovate ridicoli, andate avanti, questa recensione non vi farà cambiare idea.
Il disco è molto omogeneo, e nelle dieci tracce proposte le uniche novità sono l’assenza di cover e un pezzo strumentale posto quasi in chiusura. Ma andiamo con ordine:
il disco si apre con un tappeto di tastiera, a cui subentra un ritmo marziale composto da breaks di chitarra e batteria. Dopo appena un minuto è subito ‘Templars of steel’: la voce in farsetto di Cans attacca con un irresistibile anthem che ha fatto (e farà) strage sul palco. Il pezzo è molto lento e ritmato, e in prima dell’ultimo refrain vi è il primo ‘oh, oh, oh’del disco, tipica caratteristica degli Hammerfall. Le tematiche sono sempre quelle: fantasy, epiche, guerresche, squisitamente ‘Manowariane’, qui con un accento particolare sui Templari, a cui i nostri si paragonano, in una crociata verso la libertà e contro gli infedeli. Qui ovviamente molti troveranno da sbellicarsi dalle risate, ma voglio ricordare che tutto questo è da prendere con le molle, in quanto metafora di situazioni ben più concrete, come ben saprà chi (come me), è cresciuto a pane e Manowar.
La seconda canzone, ‘Keep the flame burning’, è molto più veloce, e in alcuni frangenti mi ha ricordato Accept e Iron Maiden. Che si può volere di più dalla vita!
Ed eccoci arrivati alla tanto vituperata ‘Renegade’, primo singolo del disco e canzone più odiata dai metallari dell’anno 2000! In effetti il pezzo si presta bene alle critiche, in quanto è il pezzo più ‘datato’ del disco: in apertura e in chiusura rombi di Harley Davidson, che fanno da contorno ad un pezzo orecchiabilissimo, musicalmente molto vicino agli Helloween dei ‘Keepers’, anzi sbilanciandosi un po’si può dire che è MOOOLTO simile ad ‘I want out’! In finale però il pezzo è godibile, molto immediato e ‘canticchiabile’, anche se il testo è un po’ insulso (d’altronde cosa ci si poteva aspettare, è ispirato al film tv, quello di Lorenzo Lamas!).
‘Living in Victory’ ci riporta su un terreno più speedy, il pezzo è molto potente e specialmente nel break pre-chorus è quanto di più terremotante gli Hammerfall abbiano mai fatto. L’unica ballad del disco arriva con ‘Always will be’, suonata quasi interamente con chitarre classiche, canzone veramente stupenda, la più lenta e dolce della loro seppur breve carriera. ‘Always will be’ è una tipica canzone d’amore, nel senso più stretto del termine, però nella struttura e nell’arrangiamento rimane una metal ballad.
‘The way of the warrior’ è il pezzo debole del disco, a un riff iniziale trascurabile si affianca un chorus un po’ pacchiano, basato sul contrasto tra tono basso del coro e tono alto di Cans, come accadeva x esempio nella song ‘Legacy of kings’. Con ‘Destined for glory’ il disco ritorna sulle sue ottime coordinate, ma la vera impennata arriva con ‘The Champion’, anthem che se non fosse per la maledetta produzione di m**** sarebbe veramente potente, e il chorus sarebbe ancora più epico di quello che è! Saltando il pezzo strumentale, che è molto coinvolgente e per niente (come spesso succede) fine a se stesso, il capolavoro del disco arriva in finale: signori e signore, un minuto di silenzio per ‘A Legend Reborn’, un ritmato stupendo al di fuori di ogni aspettativa, ragazzi veramente non ho parole, ascoltatela leggendovi il testo e questa canzone vi farà venire i brividi dietro la schiena, non scherzo, è un qualcosa di veramente impressionante…
Pesantissima nota di demerito a ‘Renegade’ è la produzione, veramente piatta e moscia. Con una produzione ‘consistente’ alla Abyss studios questo disco sarebbe stato nettamente migliore, soprattutto sotto il punto di vista della potenza e dell’incisività, che sono il pane per gruppi di questo genere. A parte questo, la musica alla fine è quella che conta di più, e quella di ‘Renegade’ è schietta, sincera, che parte dal cuore per arrivare al cuore, e queste sono qualità indispensabili in un mercato dominato da posers e ragazzini presuntuosi che giocano a fare i novelli Wagner o Bach.
MOVING SILENT LIKE A GENTLE BREEZE
WE’RE THE TROOPS OF METAL AND WE DO AS WE PLEASE!!!