7.0
- Band: HANDFUL OF HATE
- Durata: 00:35:01
- Disponibile dal: 27/10/2003
- Etichetta:
- Code666
- Distributore: Audioglobe
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Sono passati ben dieci anni da quando i toscani Handful Of Hate mossero i primi passi. Un decennio è un traguardo onorevole, e in tutto questo tempo il gruppo ha meritato di essere annoverato tra le realtà storiche italiane del black metal. Nel 2003 il trio, dopo cambi di line up e un paio di anni passati in silenzio, ritorna alla grande con il nuovo “Vicecrown”. Nella formazione troviamo il duo Gionata Potenti (batteria) – Claudio Alcara (chitarra) già nucleo dei grandi Frostmoon Eclipse, oltre al fondatore del gruppo, il cantante bassista Nicola Bianchi. Gli Handful Of Hate non riescono a raggiungere in qualità i Frostmoon Eclipse, molto più ricchi e atmosferici, ma riescono a confezionare in questa sede il loro miglior album. Sono infatti evidenti i passi da gigante che la band ha fatto rispetto ai primi due album, non trascendentali. “Vicecrown” è un buon album, sul quale però aleggia un’ombra minacciosa. Il cd suona un po’ troppo come ‘confezionato’, un bel pacco già pronto, fatto e spedito. Il gruppo segue troppo il solco dei Dark Funeral inciso su “Diabolis Interium”. La sensazione è sì monolitica, ma anche piuttosto scontata perché il treno Handful Of Hate segue un sentiero familiare, come un binario quotidianamente percorso da un pendolare. Ne risente soprattutto la personalità, nonostante la maturazione indiscutibile, ne risente questo album in dinamicità, in sorpresa. Un buon livello è stato raggiunto, ma la strada sembra ancora in salita. La registrazione è buona anche se la produzione è un po’ troppo leggera… meglio sarebbe stata una produzione satura, in pieno stile Dark Funeral (tantovale somigliare a loro fino in fondo…). Un album, questo, da buttare via quindi? Niente affatto! Il terzetto ha classe sufficiente per riuscire a non sfigurare, peccato solo che tanta classe non vada coinvogliata in una proposta più personale: tutto qui. Ci sono degli alti e bassi in “Vicecrown”, picchi considerevoli se si pensa alla superflua “Risen Into Abuse” in confronto alla bella iniziale “I Hate”, con un riffing veramente sopra gli scudi. Con la seconda “Beating Violence” scopriamo la qualità più grande del gruppo toscano: gli stacchi all’interno delle canzoni! Il riff che, solitario, spezza la song non sembra veramente niente di irresistibile, sembra una giocata persa in partenza e, invece, quando riparte la canzone (a mille all’ora viste le ripartenze forsennate del batterista) il riff si tramuta in qualcosa di colossale e trionfale. Stesso discorso per la bellissima e conclusiva “ViceCrowned Order (Dobermann)” che punta tutto sull’immediatezza e la violenza. Anche qui lo stacco a metà canzone fa venire i brividi, il riff è emotivo e la scarica di adrenalina successiva che inizia con la sfuriata finale è puro godimento. Bella anche “Carnal Spite (Held In Leash)”, specie nelle parti cadenzate (anche queste somiglianti un po’ troppo ai ‘maestri’ svedesi). Ultima nota va alla superlativa “Boldly Erected”, una canzone che eredita e assimila l’atmosfera cupamente trionfalistica di “Materialized In Stone” dei Marduk e soprattutto dall’altra inarrivabile song “An Apprentice Of Satan” di Lord Ahriman e soci. Una realtà italiana da non sottovalutare.