
7.5
- Band: HANGMAN'S CHAIR
- Durata: 00:52:02
- Disponibile dal: 11/02/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Nonostante una certa popolarità sia sinora stata raggiunta soltanto in Francia e il loro nome sia quindi ancora poco noto ai più, si può dire che la carriera degli Hangman’s Chair abbia sempre prodotto opere interessanti, con il gruppo transalpino sempre più calato nella parte di cantori doom & gloom, sull’onda di produzioni contraddistinte da sonorità tanto corpose quanto evocative, nelle quali sludge/doom, grunge e una vena melodica sempre più vivace sono assemblate in un marchio di fabbrica ormai ben collaudato. Non fa eccezione questo “A Loner”, sesto full-length del quartetto e prima uscita per la potente Nuclear Blast Records, un disco con cui gli Hangman’s Chair ripropongono la loro miscela sonora con una serie di canzoni dall’impianto robusto e dall’emotività di grande effetto. Il titolo del disco e dei singoli brani confermano in pieno il taglio pessimista del concept alla base dell’operato della formazione (in cui ricordiamo militano due membri degli storici metal-corer Arkangel), ma, a livello strettamente musicale, “A Loner”, proseguendo sulla scia inaugurata con il precedente “Banlieue Triste”, cerca di smuovere le acque e di affidarsi a un songwriting meno monolitico, con l’intento di offrire alcuni “singoli”, oltre ai consueti episodi molto pesanti. Se agli inizi le sonorità potevano evocare quella sorta di ruvida amarezza spesso associabile alle realtà di NOLA, con il passare degli anni e degli album – grazie anche a una voce che rifugge il growling o qualsiasi tipo di asperità – le idee del gruppo si sono trasformate in visioni più oniriche ed eleganti, fino a sfociare in alcune parentesi luminose che appunto possiedono quell’orecchiabilità tipica di una potenziale hit. Canzoni come “An Ode to Breakdown”, “Cold & Distant” o “Second Wind” ricordano un mix di Type O Negative, Life Of Agony e Alice In Chains, e costituiscono il naturale proseguimento dei temi affrontati su “Banlieue Triste”, con l’aggiunta di una luce e di un’attenzione maggiore per i motivi melodici. Con un pezzo come “Loner”, la band ci fa poi conoscere un’ariosità mai così spiccata, con un gioco di arpeggi e delle linee vocali del cantante/chitarrista Cédric Toufouti questa volta più vicine ai The Cure che al gruppo del compianto Peter Steele. Una sorta di risveglio dolce e vago che concede ulteriore varietà alla tracklist, oltre a dimostrare quanto gli Hangman’s Chair abbiano ormai nelle corde un certo gusto per la tipica forma canzone. Spunti come questo stuzzicano la curiosità di vedere dove i francesi andranno a parare nel prossimo futuro: il gruppo si sta mantenendo giovane e ispirato e la sua evoluzione appare ponderata e competente. Chi ha orecchie per i suoni malinconici, anche se sorretti da una indubbia profondità a livello ritmico, è invitato a dare un ascolto.