8.0
- Band: HANK VON HELL
- Durata: 00.35.43
- Disponibile dal: 02/11/2018
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
Spotify:
Apple Music:
Siamo ancora incazzati con Hank per aver rotto il giocattolo Turbonegro. Otto anni orsono il frontman si è sciacquato il trucco dal viso e ha abbandonato la leggendaria rock band norvegese portandosi via buona parte della dissolutezza, della depravazione e dell’oscenità che hanno reso i Turbo un culto del rock contemporaneo. Mentre grazie a Scientology seppelliva la dipendenza da eroina e rinasceva padre di famiglia ha lasciato scontenti sia chi l’ha seguito nell’avventura solista (Doctor Midnight & The Mercy Cult è stato un progetto sterile accolto in maniera tiepida) sia la famiglia Turbojugend, che con The Duke Of Nothing al mic non ha ritrovato quella pericolosità e quella perversione lirica di cui solo Hank era vero portavoce. Ci è voluto un gran calcio nelle palle da parte di Steve-O (nel video di “Bum to Bum”) per riportare Hank sulla retta via, che se non è quella del deathpunk (dagli anni ’90 fino a “Scandinavian Leather”) scopriremo essere almeno quella dei Turbo post-reunion (“Party Animal” e “Retox”), con fortissime vibrazioni anni ’80. L’orso – nella più pura accezione omosessuale del termine – con la bombetta e gli spandex torna a fare scintille già dalle prime tracce, dove ritrova se stesso in uptempo biker rock viziosi e festosi, per arrivare prestissimo alla super hit “Blood”, il pezzo che Hank avrebbe scritto se fosse stato il frontman degli Aerosmith. “Sono uno squalo intrappolato in un corpo grasso, attraente e mascolino. Per tutta la vita ho sognato di avere pinne e denti affilati. Questa canzone parla della mia sete di sangue”. Bentornato Hank, pensiamo lanciando i pugni in aria pompando questa degna erede di “City Of Satan”. Ma nel disco c’è anche la contagiosa “Bum To Bum”, dal ritornello appiccicoso, che fa coppia con l’happy rock di “Wild Boy Blues”. C’è il rock spinto di “Dirty Money” e “Too High”, che riporta l’ascoltatore in territori familiari. Un’altra chicca è sicuramente “Never Again”, hard rock oscuro dai toni drammatici che, sotto l’ombra di Alice Cooper, aggiunge alla raccolta uno spessore inatteso nei toni intimi ed autobiografici. Ma non è tutta farina del sacco del cantante: occorre infatti dar credito all’ex Deathstars Cat Casino (Eric Bäckman) che, da co-autore di tutti i brani, riesce ad essere il perfetto ‘partner in crime’ generando una grandissima alchimia col leggendario frontman e regalando un’ incredibile collezione del miglior rock’n’roll in circolazione, aiutando letteralmente a resuscitare Hank Von Hell per il disco dei Turbonegro di cui tutti avevamo bisogno. Fanculo Hank, a questo punto torna nei Turbo, no!?