7.5
- Band: HARVESTMAN
- Durata: 00:38:47
- Disponibile dal: 23/04/2024
- Etichetta:
- Neurot Recordings
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Progetto ambizioso questo Triptych di Steve Von Till dei Neurosis che, a nome Harvestman, ha in programma una serie di tre album il cui concept e l’uscita coincidono con tre specifiche fasi di luna piena. Questa prima parte viene pubblicata in occasione della luna rosa (il 23 aprile) e continua il discorso iniziato dai precedenti lavori ma non senza qualche novità.
A differenza del cantautorato folk che caratterizza il suo progetto solista, Harvestman ha le sue radici in un suono più sperimentale ed astratto, fatto di droni di chitarra, synth e parti elettroniche, con un risultato di non facile assimilazione, formalmente lontano dal post metal della band madre ma vicinissimo per atmosfera e per il suo mood sacrale e primitivo.
In questo “Triptych: Part One” a tutte queste caratteristiche vengono affiancate anche inedite influenze di musica dub, che contribuiscono ad un sound generale più morbido e meno tagliente rispetto al passato, col risultato di un ascolto più a fuoco e meno frammentato. Certo, ci si trova pur sempre di fronte ad una musica meditativa più vicina all’ambient che al rock vero e proprio, fruibile solo attraverso un certo tipo di approccio, ma capace in ogni caso di affascinare e coinvolgere anche chi certi suoni non li mastica tutti i giorni, grazie alla ricerca e alla sensibilità musicale di Von Till.
Non tutto comunque è suonato da Steve: troviamo infatti una serie di ospiti quali Dave French degli Yob alle percussioni di “Nocturnal Field Song” – un terrificante rituale industrial ambient fatto di subdoli droni spettrali e feedback vari – mentre la conclusiva “Mare And Foal” invece mescola suoni cosmici con melodie di cornamusa a cura di John Goff, virando l’atmosfera verso un’umore generale pastorale e rilassante.
Estremamente suggestiva è la cinematografica “Give Your Heart To The Hawk”, con i suoi arpeggi di chitarra delicati abbelliti da note di piano avvolgenti, su una voce che recita versi del poeta americano Robinson Jeffers, in quello che è probabilmente il brano più toccante del disco.
Abbiamo citato in precedenza influenze dub, che si palesano in “Psilosynth”, presentata in due versioni diverse e che vedono entrambe ospite Al Cisneros di Sleep e Om al basso. Il risultato, come prevedibile è molto simile agli ultimi Om, appunto, ovvero un dub rock psichedelico e liquido in grado di indurre a stati di trance, e che viene ulteriormente esasperato nella versione chiamata “Harvest Dub”, in cui tutto viene passato attraverso strati di delay e riverberi.
“Triptych: Part One”, come specificato dallo dello stesso Von Till, è il distillato di un approccio che trova continuità tra il frammentato, trattando tutte le miriadi di fonti sonore e i punti di riferimento non come mattoni da costruzione, ma come diapason per una vibrazione ancestrale, una sorta di eco proveniente da altri tempi. Musica per il terzo occhio, che non indica dove guardare, ma piuttosto come farlo.