7.5
- Band: HATE
- Durata: 00:39:14
- Disponibile dal: 14/06/2019
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Era da qualche anno che il fuoco creativo dei death metaller Hate sembrava essersi sopito: qualche tentativo di imporsi definitivamente al di fuori del circuito underground non andato a buon fine, sopraggiunti impegni per alcuni componenti del gruppo – che hanno via via lasciato il chitarrista/cantante Adam the First Sinner praticamente da solo – un paio di dischi macchinosi e accolti freddamente dalla critica. C’era in effetti anche la sensazione di aver spremuto come un limone una formula che, se ad un certo punto della carriera si era mostrata incisiva e intrigante, con la pedissequa riproposizione di se stessa e con l’affiancamento di esperimenti poco chiari, aveva finito per rendersi ora poco digeribile, ora ridondante oltre la soglia di tolleranza. Per la pubblicazione del nuovo album “Auric Gates of Veles” la band polacca ha tuttavia firmato addirittura per la Metal Blade Records e tale cambiamento sembra essersi rivelato salutare per Adam e il batterista Pavulon, i quali danno qui l’idea di essere passati attraverso una produttiva rigenerazione. Se il precedente “Tremendum” aveva introdotto un’impronta black metal più decisa, arenandosi però su un songwriting non sempre brillante, questo “Auric…” mette in mostra delle più felici variazioni sul tema: ritmiche agili e melodie più penetranti si mettono al servizio di composizioni che, opportunamente, non vanno mai sopra le righe, restando spesso a metà strada fra death e black metal, prendendo dal primo una certa corposità di fondo e dal secondo l’articolata stratificazione atmosferica. Proprio come era accaduto sul precedente lavoro, gli Hate qui fanno a meno di quei riff di chitarra spigolosi un tempo loro marchio di fabbrica: il sound, pur certamente maligno, appare più arioso e si respira una sorta di colto eclettismo nella manovra della band, qui più incline a trasmettere un senso ora di epicità (in chiave slava), ora di abbandono, piuttosto che a percuotere a oltranza con velocità massacranti e riff aggressivi, nonostante i blast-beat non manchino affatto. “Auric Gates of Veles” in tal senso sembra a tutti gli effetti un album polacco di ultima generazione, a tratti un mix di ultimi Behemoth e Mgla, ben registrato e ben interpretato da un duo con le idee chiare e a proprio agio con i mezzi a sua disposizione. Vi è sempre qualcosa di vagamente ridondante nella tracklist, ma, fra i grandi fan delle band succitate, probabilmente non lascerà indifferente chi avrà modo di ascoltarlo con attenzione.