6.5
- Band: HATE
- Durata: 00:51:43
- Disponibile dal: 26/01/2015
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli Hate sono noti per essere una delle band più prolifiche del circuito death metal europeo. Attivi sin dai primi anni Novanta ma decollati davvero soltanto un decennio più tardi, i polacchi non si sono praticamente mai fermati da quando la Listenable Records decise di investire su di loro all’epoca di “Awakening of the Liar”. Di recente passati alla Napalm, i ragazzi provano a bissare il successo dell’ultimo “Solarflesh” con questo “Crusade: Zero”, ennesimo platter dal titolo altisonante che ripropone l’ormai consolidata formula Hate. Rispetto ad un paio d’anni fa, il death metal freddo e marziale del quartetto non ha subito grandi stravolgimenti, ma questa volta si nota una maggiore densità a livello di strutture, che si dimostrano sovente un po’ più articolate del solito. Il gruppo ostenta come sempre una certa predilizione per il midtempo, ma se una volta questi venivano costruiti quasi del tutto attorno ad un solido e catchy riff portante, oggi l’approccio risulta più libero e diversificato. È come se la band, spessissimo accostata ai Behemoth, avesse voluto rispondere all’accessibile “The Satanist” con un album dal taglio più astratto. Il risultato è buono, soprattutto all’altezza di pezzi come “Leviathan” o “Valley Of Darkness”, ma non eccezionale: nei suoi dischi migliori, il gruppo ci era piaciuto per la capacità di essere tanto tagliente quanto orecchiabile; su “Crusade…” invece ogni tanto si assiste ad una corsa alla complessità che a tratti lascia abbastanza indifferenti. Il quartetto si complica la vita già dall’incipit (la tracklist si apre con due intro!) e da lí fatica un po’ a trovare il colpo del KO, inanellando una serie di brani costruiti su un lavoro di chitarra meno immediato del solito e che ingrana solo dopo qualche ascolto. Meglio dell’altalenante “Erebos”, ma inferiore ad un “Solarflesh” o ad un “Morphosis”, “Crusade…” soffre un po’ di un’ispirazione non eccelsa e di una carenza di immediatezza che alla lunga appesantisce la fruizione. Dopo tutto, quando una band fa della prolificità una delle sue armi principali è normale ritrovarsi ogni tanto con qualcosa di non esattamente imprescindibile, a maggior ragione se poi essa cerca di cambiare leggermente approccio come in questo caso. Alla fine, “Crusade: Zero” resta tutto sommato una buona prova – che crediamo non deluderà profondamente nessuno – ma al tempo stesso riteniamo che non sia un’eresia affermare che in carriera gli Hate ci abbiano offerto di meglio.