8.0
- Band: HATE ETERNAL
- Durata: 00:45:45
- Disponibile dal: 21/08/2015
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Ci è voluto del tempo, probabilmente più del previsto, ma alla fine (raggiunto il traguardo del full-length numero sei) gli Hate Eternal sono riusciti a conquistare il trono fantasticato nel loro celebre esordio ed inseguito con tanta caparbietà per tutti questi anni. “Infernus” è infatti quanto di meglio la band capitanata dall’inossidabile Erik Rutan abbia prodotto in quasi due decenni di carriera, un’opera che – in maniera ancora più netta del precedente “Phoenix Amongst The Ashes” – vede il combo floridiano affrancarsi da stilemi noti e consolidati per cimentarsi con un sound libero da indugi e catene, frutto dello scontro tra vecchia e nuova scuola death metal e di un songwriting messo completamente a fuoco in tutta la sua magniloquenza. I tempi caotici del suddetto “Conquering The Throne” o di “King Of All Kings”, votati ad un assalto tanto barbaro e persistente quanto privo di spessore e dinamismo, sono ormai un lontano ricordo: oggi la musica forgiata nelle fucine dell’Odio Eterno vive di continui contrasti, nell’ottica di un gioco di colore incentrato sulle tonalità del rosso e del nero. Protagoniste di queste dieci tracce sono ancora una volta le chitarre, la cui andatura torva e severa risulta spesso interrotta da linee melodiche che non mancano mai di esaltare l’affinatissima sensibilità del frontman, subito seguite dall’operato svolto dalla sezione ritmica, che complice l’ingresso del tentacolare batterista Chason Westmoreland (ex-Fallujah, ex-The Faceless) si configura come uno dei più vari e fluidi uditi ultimamente in certi ambiti. Ogni passaggio, ogni variazione di umore, colpisce insomma nel profondo per il suo trasporto e il suo ingegno, come se i Nostri avessero trovato la cosiddetta chiave di volta del dualismo furia cieca-atmosfera posto alla base del loro sound. Prova ne sono i due brani apripista della tracklist, “Locust Swarm” e “The Stygian Deep”, che dopo partenze brutali a base di riff vorticosi e blast-beat terremotanti vengono entrambi squarciati da enormi folate di pathos e drammaticità, degno corollario per la sentita prestazione al microfono di Rutan e, più in generale, biglietto da visita perfetto per quello che non esitiamo a definire uno dei dischi death metal di questo 2015. Quando la rabbia cosparge la schiena di brividi.