8.0
- Band: HATE ETERNAL
- Durata: 00:38:56
- Disponibile dal: 26/10/2018
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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La rabbia come catarsi, come leva per ergersi al di sopra delle difficoltà e non soccombere. Il flusso entro cui canalizzare la propria Arte per battezzarla nel fuoco e nella cenere delle passate sconfitte. Un sentimento che, se affidato alle mani giuste, può diventare espressione di una creatività viscerale e intensissima. Da sempre affini a certi stati d’animo – basti pensare ai concept dei vecchi “Fury & Flames” e “Phoenix Amongst the Ashes” – gli Hate Eternal si riaffacciano sul mercato con un’opera che ne consacra una volta per tutte il nome fra i grandi del death metal americano, accarezzando nuovamente le suddette corde emotive per centrare un obiettivo di prima grandezza. Un album denso, profondo e stratificato, dal sapore acre della terra, in cui gli spunti del precedente “Infernus” vengono immersi in un’atmosfera dolente che ben si presta a sottolineare quanto scaturito dalla penna di Erik Rutan, qui forse all’apice della maturità e della consapevolezza. Tenendo conto del suo background tetragono e poco incline alle variazioni, con una prima parte di carriera di fatto consacrata alla filosofia del tritatutto, in pochi si sarebbero aspettati una simile crescita da parte del noto frontman/produttore, invece anche “Upon Desolate Sands” esprime ardore e continua voglia di mettersi in gioco, operando una rivisitazione della scuola a stelle e strisce che non prescinde mai dai concetti di fluidità e ricchezza degli arrangiamenti. La tracklist avanza quindi su più fronti, brillando sia nei tipici assalti frontali del terzetto, i quali si pongono su un altro livello di presa e ricerca melodica rispetto al passato, che durante le solenni digressioni sperimentate nell’ultimo periodo, tra concatenazioni di riff ingegnosi, folate di puro pathos e giochi di chiaroscuro in cui – di nuovo – si ravvisa un discorso stilistico portato avanti con coerenza e massima cura nei dettagli. Un affresco sonoro che, parimenti allo splendido dipinto di Eliran Kantor, emoziona e stordisce, scuote e non lascia indifferenti, destinato con le sue composizioni (“All Hope Destroyed”, la titletrack e la conclusiva “For Whom We Have Lost” su tutte) a figurare tra gli ascolti death metal dell’anno. Straordinario.