7.0
- Band: HATE MANIFESTO
- Durata: 00:35:40
- Disponibile dal: 26/05/2023
- Etichetta:
- Helter Skelter Productions
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Una dichiarazione di intenti sin dalla copertina, questo “Αποστάτης”, secondo full-length dei greci Hate Manifesto, che tornano, a sei anni dal precedente “To Those Who Glorified Death”, con un lavoro ancora più estremo e oltranzista. Laddove i precedenti lavori, per quanto contenessero già pesanti influenze death metal, erano ancora caratterizzati da sonorità puramente black metal, “Αποστάτης” sposta le lancette in maniera quasi totale verso un war metal diretto e senza compromessi.
L’immaginario estetico è quello classico del genere, fatto di guerra e invettive bellico-apocalittiche – e già a partire dai suoni si nota una virata totale verso un approccio nichilista, denso e senza nessun momento di respiro, in un ideale ponte di connessione tra il caos dei Revenge e la velocitá parossistica di un “Panzer Division Marduk”. Non è infatti un caso che W.S.P. (di fatto l’unico membro del gruppo) si sia servito di Simon Schilling degli stessi Marduk per le tracce di batteria, scelta questa che dà ai brani una compattezza chirurgica che non sempre troviamo in altri dischi del genere.
Inoltrarsi in una disamina dettagliata dei vari brani è di fatto quasi inutile, data la loro estrema somiglianza. La formula generale è caratterizzata quasi sempre da da un riffing atonale e intenso, sorretto da ritmi estremamente veloci e blast-beat costanti, intermezzati da fucilate in doppia cassa e, solo sporadicamente, da qualche midtempo. Tuttavia, sono da evidenziare ottimi episodi come il death metal old-school di “Deconstructing the Assemblage of Deception” o i sei minuti più puramente black della conclusiva “Chains of the Oppressor ptII”, degna dei migliori Marduk e dotata di una struttura leggermente più varia.
La produzione fa il suo, preferendo un approccio leggermente più pulito senza perdere mai in aggressività e, pur con tutti i limiti di un genere estremamente conservatore e volutamente poco propenso a sperimentazioni come il war metal, gli Hate Manifesto riescono comunque a mantenere alta la barra dell’intensità, cosa non scontata.
Certo, se quello che cercate sono originalità e imprevedibilità a tutti i costi, il consiglio è probabilmente quello di guardare altrove, ma se volete godervi mezz’ora abbondante di sana violenza senza troppi fronzoli, questo disco può darvi grosse soddisfazioni.