7.5
- Band: HATE
- Durata: 00:35:54
- Disponibile dal: 15/10/2021
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Non stupisce più la mirabolante produttività degli Hate, ancorati ormai da decenni a un rigidissimo programma di un album ogni due anni. Tuttalpiù, i death-black metaller polacchi colpiscono piacevolmente per la loro puntuale abilità di rilanciarsi, come se i capitoli meno riusciti della discografia siano sempre soltanto degli incidenti di percorso e non un vero fallimento dal quale mai più riprendersi. Dopo l’interessante “Auric Gates of Veles”, opera che aveva visto la band rivisitare il proprio sound in una chiave più epica dopo l’interlocutorio “Tremendum”, ATF Sinner e compagni ritornano con un nuovo lavoro che riprende e amplia il suddetto discorso, riuscendo al contempo a ricollegarsi a certe soluzioni dei primi anni Duemila.
In appena trentacinque minuti, “Rugia” concentra una grossa mole di spunti, con sugli scudi le consuete travolgenti sferzate chitarristiche, un mood evocativo di misteriose visioni esoteriche e una vena melodica che in alcuni tratti tende ancora a richiamare suggestioni care al mondo slavo, come avvenuto nella fatica precedente. Questi elementi, oltre a una spigolosità death metal leggermente più accentuata rispetto al materiale del recente passato – conseguenza forse dell’arrivo in formazione del nuovo batterista Nar Sil – contribuiscono a fare dell’ascolto dell’album un’esperienza tanto dinamica quanto avvolgente, dettata da una band che si muove tra le varie influenze con animo ispirato, confezionando brani che non si perdono in strutture troppo cervellotiche, riuscendo a trovare al tempo stesso il giusto pertugio per non annoiare, grazie in primis a un attento gioco di saliscendi ritmici, con progressioni prepotenti repentinamente alternate ad aperture più tetre, dove si galleggia in una nebbia grigia e riverberante. Pezzi come “Resurgence” e “Velesian Guard”, in questo senso, parlano chiaro, mostrando nel migliore dei modi la rigidità death metal del quartetto a supporto di quel velo di atmosfera che sta lentamente diventando uno dei marchi di fabbrica del sound.
Con tutta probabilità, il paragone con i Behemoth resterà comunque sempre un incubo assillante per gli Hate, anche qui vicini a una o più incarnazioni dei più famosi connazionali, a livello di immaginario o di scelte di produzione, tuttavia sarebbe ingiusto non riconoscere al gruppo di Varsavia una scrittura emotiva e una sua personalità nel concepire un afflato death-black ricco di una densità oscura che puntualmente si stempera in sfumature più moderne, da cui emerge un apprezzabile controllo di timbro e dinamica.
Forse certe formule si ripetono qualche volte di troppo nel corso della tracklist, ma “Rugia” nel suo insieme resta comunque un disco maturo, piacevole soprattutto per la grande capacità di sintesi e per la tensione che accumuna gran parte delle canzoni proposte.