8.0
- Band: HAUNTED PLASMA
- Durata: 00:41:03
- Disponibile dal: 31/05/2024
- Etichetta:
- Svart Records
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Periodo parecchio intenso, questo, in casa Oranssi Pazuzu che, in attesa del nuovo imminente lavoro, non perdono tempo e pubblicano il debutto dei Haunted Plasma, progetto di Juho Vanhanen (Oranssi Pazuzu e Grave Pleasures) insieme a Timo Kaukolamp, Tomi Leppänen dei geniali Circle, con ospite Mat McNerney (Hexvessel, Grave Pleasures/Beastmilk) alla voce: viste le premesse, il risultato non può che essere un qualcosa di trasversale e totalmente fuori dai generi. Krautrock, una spruzzata di black metal psichedelico e una buona dose di elettronica anni ’90, per quaranta minuti di suoni che mutano continuamente e prendono ispirazione dalle visoni di William Gibson e Phillip K. Dick, in un album che mescola musica cosmica a suggestioni più cupe, ma lo fa in maniera diversa dagli Oranssi Pazuzu. Laddove la band di “Värähtelijä” e “Mestarin Kynsi” poggia le basi del proprio suono su un substrato ancora prevalentemente metal, “I” utilizza l’elettronica come elemento fondamentale, ampliandolo con elementi rock più pesanti, risultando in un ascolto meno claustrofobico ma pur sempre destabilizzante. Basti sentire la traccia di apertura, “Reverse Engineer”, sorta di lento ed inquietante incubo sintetico sospeso in un universo orwelliano che usa la tecnologia per descriverne la sua stessa pericolosità.
“Machines Like Us” vive invece di ritmiche post-punk contaminate da un substrato di synth analogici avvolgenti e corrosivi, una sorta di Grave Pleasures che tributano John Carpenter, ma è con la spettacolare e tribale “Spectral Embrace” che gli Haunted Plasma perdono quasi ogni forma di umanità, in un brano in cui la voce stessa si trasmuta in un lamento sintetico. Le fumose atmosfere trip-hop di “Echoes” fanno da apripista ai dodici minuti finali della conclusiva ed autocelebrativa “Haunted Plasma”, viaggio musicale kraut che si modella su chitarre acide ed evoluzioni noise con la voce enigmatica di Ringa Manner che ci trascina in territori sconosciuti attraverso un trip spaziale kubrikiano dal finale catastrofico.
L’artwork dell’album, nel suo descrivere visivamente il contenuto musicale, non è l’unica cosa mesmerizzante e non importa quanto incalzante, groovy o sinistro diventi questo “I”, perchè riesce comunque nell’intento di rimanere ipnoticamente facile da ascoltare e difficile da ignorare, nonostante una apparente mancanza di strutture ben definite che dilatano l’ascolto senza che si abbia mai quella spiacevole sensazione di lunghezza gratuita.
Più che una progetto parallela, gli Haunted Plasma possono esser quindi considerati come l’altra faccia della medaglia dell’universo Oranssi Pazuzu, una faccia che ha ben poco di umano e che descrive un futuro forse ancora più realistico ed inquietante. Un debutto folgorante come pochi ultimamente.