6.5
- Band: HEADS FOR THE DEAD
- Durata: 00:46:54
- Disponibile dal: 02/09/2022
- Etichetta:
- Transcending Obscurity
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Sembrano aver fretta di farsi una folta discografia gli Heads For The Dead, a giudicare dal tasso di velocità con cui pubblicano full-length: questo “The Great Conjuration” è il terzo disco in quattro anni, e nel mentre abbiamo avuto modo di ascoltare anche un EP; non male per un side-project. Vero è, però, che a un tale ritmo è facile trovarsi con qualche episodio non eccelso, e già al secondo disco, il pur furioso “Into The Red”, i Nostri sembravano aver perso qualche scintilla, rispetto al debutto, “Serpent’s Curse”, che suonava effettivamente come un gioiellino. La seconda prova partiva benissimo, ma effettivamente con gli ascolti aveva iniziato a perdere un po’ di smalto. Questa nuova uscita, come da tradizione, gioca come sempre sugli stilemi di un death metal bello marcio e violento suonato su temi horror/slasher anni ‘70-’80, dove l’amore per la produzione – italica e non solo – del cinema oscuro di quegli anni viene sempre fuori. Il lavoro della band capitanata da Jonny Petterson (Wommbath, Ursinne, Gore Brigade e un’altra mezza dozzina di progetti) è sempre all’altezza della situazione, ma non nascondiamo che questa volta l’ascolto parte in maniera un po’ meno entusiasmante del solito. Svanito l’effetto sorpresa, sapendo esattamente cosa aspettarsi, si perde un po’ il mordente, e i pur buoni pezzi presenti nel disco risuonano come se fossero usciti con un po’ troppa fretta. Non ci sono brutti brani, sia chiaro, ma tutto sommato l’album scorre senza momenti memorabili, se non qualche picco qua e là con alcune belle sortite di chitarra (come su “Rotten Bastard” o “The Breaking Wheel”, ad esempio) e una costruzione comunque professionale delle canzoni. Tuttavia verrebbe da pensare che, lavorandoci su per un altro annetto, gli Heads For The Dead sarebbero venuti fuori con qualche idea più interessante, magari limando qualche riempitivo e calibrando meglio la propria portata distruttiva. Gli amanti di un death metal molto diretto e morboso troveranno pane per i propri denti, ma questo “The Great Conjuration” suona più come un disco di passaggio che come una prova atta a mettere un punto fermo sulla bontà effettiva del progetto; senza infamie ma senza una vera lode, peccato perché ci stavamo affezionando a questa band. Vediamo come andrà col prossimo lavoro.