7.5
- Band: HEAVEN SHALL BURN
- Durata: 00:45:11
- Disponibile dal: 25/05/2010
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Heaven Shall Burn, atto sesto: con la terza parte della saga dedicata agli Iconoclasti, “Invictus (Iconoclast III)”, la band tedesca guidata dal chitarrista Maik Weichert e dal vocalist Marcus Bischoff arriva appunto al notevole traguardo del sesto full-length album, preceduta da un crescendo di carriera e popolarità davvero importante. Avendone sviscerato le caratteristiche nel da poco pubblicato track-by-track, in questa sede ci proponiamo di analizzare il lavoro in questione sotto un’ottica più generale, mettendolo in paragone con le recenti pubblicazioni del gruppo. I ragazzi di Saalfeld – ormai è appurato – sono degli abitudinari e degli strenui sostenitori della filosofia squadra che vince non si cambia: è quindi con una buona dose di stupore che possiamo considerare “Invictus” come un lavoro quasi sperimentale e volto ad andare contro alle prime critiche di immobilità stilistica rivolte agli HSB dai detrattori. Più snello e breve di “Iconoclast (Part 1: The Final Resistance)”, questo nuovo album ci offre almeno due pezzi in cui parti elettroniche penetrano con subdola prepotenza negli schemi compositivi dei teutonici: ci riferiamo ovviamente a “Combat” e a “The Lie You Bleed For”, mentre altra mezza novità per la band è rappresentata dalla semi-ballad (parola grossa) “Given In Death”, allietata dalla presenza di Sabine Weniger dei Deadlock alle female vocals. Non enormi rivoluzioni, chiaro, ma qualche nuovo elemento che viene inserito poco alla volta. Il resto del platter – come tradizione vuole – ci presenta brani che esaltano e difficilmente deludono, grazie allo strepitoso connubio di potenti melodie, ritmiche distruttive, groove imperiosi e una voce che sembra quasi ingoiare gli strumenti su cui ruggisce. “Buried In Forgotten Grounds”, “The Omen”, “Against Bridge Burners” e “Sevastopol” ci sembrano i pezzi-clou di questa tornata, apici di un album che non farà altro che confermare lo status di prim’ordine di una formazione che, pur assommando successi uno dietro l’altro, ha il gran pregio di conservare tutta la sua umile attitudine underground. Altro giro per gli Heaven Shall Burn e per noi altro centro! Da non perdere.