7.0
- Band: HEAVEN SHALL BURN
- Durata: 00:52:44
- Disponibile dal: 16/09/2016
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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E’ assai complicato, nel 2016, al loro diciannovesimo anno di vita e all’ottavo full-length album in carriera, questo nuovo “Wanderer”, buttar giù una recensione sugli Heaven Shall Burn. La band germanica ha infatti trovato molto presto la sua perfetta quadratura del cerchio, diciamo all’altezza del secondo lavoro, “Whatever It May Take” (2002); è forte di una formazione praticamente inscalfibile in compattezza, se si escludono un paio di cambi di line-up in vent’anni, fra i quali va ufficializzato oggi l’abbandono di Matthias Voigt dietro le pelli, sostituito dall’ex-Night In Gales Christian Bass; il principale (e unico) songwriter è sempre lui, il chitarrista Maik Weichert, scrittore di musica e testi; la produzione ‘casalinga’ dell’altro chitarrista Alexander Dietz risulta bombastica e iper-vitaminizzata come al solito, pompata a dovere dal mix&master di Tue Madsen, altro abituale collaboratore del gruppo; ed infine, le influenze a cui fanno capo i Nostri sono costanti e immutabili nel tempo: da una parte il death metal possente, epico e guerresco di Bolt Thrower e Amon Amarth, dall’altra evidenti richiami ai primi In Flames e Dark Tranquillity, il tutto contornato dal veemente piglio hardcore che la band non ha mai rinnegato, risultando, ad oggi, una delle poche compagini ‘sopravvissute’ alla moria di formazioni uscite allo scoperto nel periodo d’oro del metal-core. Ecco, la recensione potrebbe finire qui, in quanto “Wanderer” altro non è che l’ennesimo lavoro riuscito degli Heaven Shall Burn, formalmente mai sbaglianti un disco da più di dieci anni a questa parte. Ci sono anche, ovviamente, le cover grazie alle quali gli HSB riescono a raggiungere diverse centinaia di fan in più ad ogni giro, soprattutto in madrepatria: basterebbe ricordare soltanto il mega-successo di “Black Tears” degli Edge Of Sanity e di “Valhalla” dei Blind Guardian per non far fatica ad immaginare che lo stesso destino capiterà anche ad “Agent Orange” dei Sodom, altro pezzo da novanta coverizzato. La canzone non è presente nella tracklist da noi ricevuta per la recensione, ma poco importa, siamo sicuri sia un brano schiacciasassi. Come del resto è magnifica la cover di “The Cry Of Mankind” dei My Dying Bride, altra importante influenza degli Heaven Shall Burn, che un filo di doom e malinconia li hanno geneticamente nel DNA: il punto forte di questa riproposizione è la chiamata in causa di Adalbjorn Tryggvason, vocalist dei Solstafir, che aiuta Marcus Bischoff a richiamare parzialmente la teatralità disperata di Aaron Stainthorpe con linee vocali originali e sentite. Ottimo davvero. Ma, come starete sicuramente notando, finora non abbiamo ancora parlato delle canzoni inedite contenute in “Wanderer”. Perchè? Perchè non ce ne sarebbe bisogno, soprattutto se conoscete a menadito la band: potremmo dirvi che, rispetto al precedente “VETO”, Weichert e compari hanno mantenuto una piacevole varietà di fondo, infarcendo ulteriormente di melodia i brani, dando loro una rimescolata senza aver paura, come al solito, di assomigliare ad altri gruppi in certi spezzoni (uno su tutti: la parte introduttiva di “Corium” pare scritta di peso da Martin Brandstrom dei Dark Tranquillity); quindi “VETO” e “Antigone” sono i dischi di riferimento per “Wanderer”, mentre la terremotante e stolida ferocia di album quali “Deaf To Our Prayers”, “Iconoclast” e “Invictus” è stata messa un attimo da parte. Oddio, gli HSB non si sono certo edulcorati, perchè poi troviamo in tracklist la traccia “Prey To God”, atomica mazzata death metal che presenta tale George ‘Corpsegrinder’ Fisher alle co-vocals: cosa potrà mai uscire da un duetto al microfono tra Fisher e Bischoff, secondo voi? Molto buona, inoltre, la prima parte del disco, introdotta da un brano breve, lento e cadenzato come “The Loss Of Fury”, che sfocia di seguito in due episodi che ci riconciliano con il melo-death abrasivo del tempo che fu: “Bring The War Home” e soprattutto “Passage Of The Crane”, con al suo interno uno dei riff più coinvolgenti sentiti negli ultimi tempi, sono sicuramente gli highlight del disco; poi si va in discesa, nel senso negativo del termine, con una lista di tracce ben composte e gradevoli ma che entusiasmano solo in parte, fino ad arrivare ad “Extermination Order” e “A River Of Crimson”, le quali ci giungono alle orecchie sottoforma di pseudo-filler. Insomma, ricordando come l’aspetto lirico nel songwriting dei tedeschi sia sempre di marcata importanza e puntigliosa ricerca – encomiabile, da questo punto di vista, l’impegno di Maik – chiudiamo questa lunga disamina di “Wanderer” assegnandogli un sette politico: se siete grandi fan del gruppo sicuro potete alzare di mezzo punto o un punto il voto; se siete stufi del death-metalcore d’assalto degli Heaven Shall Burn, non vi tornerà la voglia di ascoltarlo certo con il nuovo lavoro. Solida certezza o noiosa realtà, dunque? A voi l’ardua sentenza.