6.5
- Band: HEAVENFALL
- Durata: 00:49:00
- Disponibile dal: 03/04/2012
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Veniamo immediatamente mal disposti all’ascolto del debutto autoprodotto dei lombardi Heavenfall, i quali si presentano con una copertina degna del peggior demo adolescenziale, assolutamente priva di professionalità e personalità. Fortunatamente si dice che l’abito non fa il monaco ed il gruppo di Abbiategrasso (attivo dal 2003) cerca immediatamente di recuperare il terreno perso, aggredendoci con un heavy metal classico ma di piacevole impatto, figlio degli Iced Earth e nipote dei “nonni” anglosassoni. I Nostri palesano sin dalle prime note una tecnica strumentale sinceramente più che discreta, con una sezione ritmica che non sbaglia un colpo e due chitarre che molto devono alle lezioni impartite da coppie storiche come Murray-Smith e Tipton-Downing. I brani di questo “Falling From Heaven” scorrono abbastanza velocemente, nonostante una prolissità che spesso rischia di inficiare sul risultato finale, con capitoli che sfiorano i cinque minuti di durata. Assoli di chitarra memorizzabili aiutano a caratterizzare ogni brano, in cui fraseggi classicamente metal si intrecciano in armonizzazioni di facile presa, spesso supportate da piacevoli ed azzeccati tappeti di doppia cassa. Veniamo ora alla voce del singer, vera croce e delizia di questo lavoro che alterna momenti di pura esaltazione metallica ad altri di sconfortante ingenuità: Dest, il cantante del combo in questione, è dotato di una voce letteralmente devastante, figlio di una improbabile relazione tra Eric Adams e Matt Barlow e capace di acuti che penetrano il cervello come una lama incandescente. L’approccio con il quale il giovane singer si avvicina al microfono è quello di un serial killer in un asilo infantile, talmente pregno di intenzione omicida e furia distruttiva da perdere letteralmente il controllo sulla propria voce, sembrando spesso un bimbo che gioca con un bazooka. Il dotatissimo cantante della band, palesa immediatamente la sua voglia di urlare a pieni polmoni, ma altresì si scopre tanto dotato sul cantato “high pitch” quanto spesso carente sulle tonalità più basse, per poi ritornare su tonalità halfordiane non appena il demone che si trova appollaiato sulla sua ugola reclama l’acuto. Una produzione discreta e qualitativamente eterogenea non aiuta poi il buon Dest il quale, diciamolo, catalizza comunque l’attenzione dell’ascoltatore sin dall’inizio. Concludendo: da una band underground attiva da quasi dieci anni ci saremmo aspettati sicuramente di più, anche se ammettiamo che nei momenti in cui il giovane combo preme il piede sull’acceleratore ci ritroviamo a fare headbanging nella nostra auto, cercando invano di emulare le prestazioni vocali del travolgente cantante. Probabilmente, estremizzando le loro caratteristiche (vocalità dirompente, ritmiche trascinanti, ottimi intrecci chitarristici), snellendo gli arrangiamenti dei brani ed enfatizzando il lato più aggressivo della loro proposta (“Fuel For My Rage” è un perfetto esempio delle loro potenzialità), gli Heavenfall potrebbero far parlare di loro in un futuro assai prossimo. Quasi dimenticavamo una cosa: niente più copertine oscene, per favore.