8.5
- Band: HEIR APPARENT
- Durata: 00:45:05
- Disponibile dal: 15/10/2018
- Etichetta:
- No Remorse Records
- Distributore: Audioglobe
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C’è stato un tempo in cui il termine ‘progressive metal’ veniva usato per etichettare delle sonorità che, nonostante l’evidente ricerca in termini di tecnica, atmosfera e raffinatezza compositiva, mantenevano un evidente e infrangibile legame con gli stilemi tipici dell’heavy metal più puro e immacolato. Qualunque appassionato della nostra musica preferita conoscerà sicuramente la famosa triade, ovvero i cosiddetti ‘Big Three’ del prog metal; per tutti coloro che avessero bisogno di una rinfrescata alla memoria, vogliamo far presente che ci riferiamo naturalmente ai leggendari Queensryche, Fates Warning e, successivamente, Dream Theater. Generalmente questi sono i nomi che, presi prima singolarmente e poi insieme, si ritiene rappresentino i pilastri più importanti ed influenti del genere in questione. Tuttavia, negli anni ’80 la scena metal americana ha avuto modo di popolarsi di svariate altre realtà dall’indescrivibile talento e dotate di un potenziale immenso, in grado di immettere sul mercato dei dischi divenuti col tempo dei veri e propri capolavori di culto per qualsiasi metallaro amante delle sonorità old school. Ebbene, tra queste ce n’è una in particolare di cui è giunto il momento di parlare, ritenuta da molti una delle più sottovalutate in assoluto da parte di un pubblico che, evidentemente, non è stato a suo tempo sufficientemente in grado di apprezzare due vere e proprie perle di prog/heavy metal made in U.S.: ci riferiamo ovviamente a Terry Gorle, Derek Peace e alla loro creatura chiamata Heir Apparent.
Sono trascorsi circa trent’anni dal loro secondo full-length “One Small Voice”, a seguito del quale della band si persero le tracce, fino alla reunion avvenuta a inizio millennio e, successivamente, alla release di una compilation con relativo tour mondiale. Oggi, finalmente, abbiamo per le mani il terzo album in studio ad opera di una realtà di cui si è fatto davvero un discreto parlare negli ultimi anni, il che ha portato molti cultori a fremere di curiosità nell’attesa di poter ascoltare anche solo una nota proveniente dal suddetto nuovo lavoro.
Se volessimo descrivere la nostra sensazione, a partire già dai primi minuti, potremmo dire che approcciarsi all’ascolto di questo “The View From Below” è un po’ come lasciarsi avvolgere da una sorta di realtà alterata che, seguendo un ritmo tendenzialmente lento, inizia a prendere il sopravvento, permettendo alla nostra mente di compiere un vero e proprio viaggio, della durata di appena tre quarti d’ora, seguendo la corrente di un fiume impetuoso, ma nel contempo calmo e con un effetto quasi cullante. In questa occasione non vi descriveremo ogni brano del disco, come spesso ci capita di fare con le uscite più ficcanti, ma piuttosto vogliamo stimolare ancora di più la vostra eventuale attrazione nei confronti di un lavoro che riesce a toccare gran parte delle corde emozionali dell’ascoltatore, lasciandolo in balia del dolce susseguirsi di brani leggiadri come “Here We Aren’t” e “The Road To Palestine”, senza però tralasciare anche i nostri lati più aggressivi e tormentati grazie alle varie “Man In The Sky”, “The Door” e “Synthetic Lies”. Inoltre, per tutti coloro che lo avessero scordato, gli Heir Apparent ci tengono a ribadire di essere una band prevalentemente di matrice heavy metal, riversando per appena due minuti e mezzo una colata di caldissimo acciaio fuso con la breve e micidiale “Savior”, in cui assoli e doppia cassa la fanno nuovamente da padrone.
A livello di esecuzione, siamo su livelli pressoché inattaccabili, a partire da un lavoro di chitarra e basso, ad opera dei due sopracitati fondatori, al limite del superbo, entrambi perfettamente valorizzati e distinguibili, anche grazie alla splendida produzione del disco, che non ha scordato di porre la giusta enfasi anche su batteria e tastiere. Ammettiamo però che le attenzioni principali sono tutte per il cantante Will Shaw, in grado di abbinare perfettamente timbro ed estensione creando un effetto grandioso ed esaltante, tanto da permettergli di confermarsi come una delle voci migliori dell’intero panorama heavy metal attuale. Chiaramente i nostri cinque virtuosi hanno voluto proporre un prodotto al passo coi tempi, in parte distante da quanto composto nei lontani anni ’80, ma vogliamo rassicurare gli estimatori più affezionati che lo spirito originale della band è perfettamente intatto, e questo si può percepire in ogni singolo passaggio.
Arrivati a questo punto, possiamo dire che “The View From Below” non è solo un disco metal, ma una vera e propria esperienza onirica in cui abbandonarsi un numero imprecisato di volte, grazie alla quale ogni pensiero può trovare la giusta rotta, mentre risuonano le note progressive e metalliche provenienti da un album che saremmo dei folli a non posizionare tra i migliori dell’anno ormai quasi trascorso, e che ci auguriamo possa permettere agli Heir Apparent di espandere almeno in parte il proprio bacino d’utenza.
Volendo fare una citazione conclusiva: ‘Il naufragar m’è dolce in questo mare’.