7.0
- Band: HELEVORN
- Durata: 00:45:33
- Disponibile dal: 13/09/2024
- Etichetta:
- Meuse Music Records
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Con questo “Espectres” gli Helevorn giungono al traguardo del quinto album di inediti in ben venticinque anni di carriera, che li ha visti consolidarsi come buona band di genere, piu distinguibile per la provenienza atipica – Palma di Maiorca, isole Baleari – che per l’originalità della proposta, un doom metal suonato e registrato con autorevolezza, che rimanda pesantemente nello stile ai grandi capolavori degli anni Novanta, in particolare quelli che segnarono il passaggio dal primigenio death-doom ad un più sofisticato gothic metal (soprattutto per mano di Paradise Lost, Anathema e My Dying Bride).
Il growl non manca, ed è pure bello cavernoso, ad opera di Joseph Brunet, abile a destreggiarsi anche nel cantato pulito, il quale risulta ben impostato ma non molto espressivo, e tende ad appiattire un po’ i pezzi, che già soffrono talvolta di qualche piccolo problema di scrittura.
Una questione più che altro di dinamica e fluidità: i vari passaggi sono piacevoli, arrangiati con classe, ma non sempre la formula delle canzoni sembra quella giusta e l’ascolto ne risente, rendendo un po’ faticoso arrivare alla fine dell’album. Un inconveniente che si intravede a sprazzi già con la prima, comunque valida – ed esplicativa del suono degli spagnoli – “Inherit The Stars”, e diventa più evidente sulla terza “Signals”, dove un giro di sintetizzatore super accattivante fa un po’ a cazzotti con il resto del pezzo.
Allora meglio la quarta “When Nothing Shudders”, capace di farsi apprezzare per la bella introduzione elettroacustica e per i riff e le melodie vocali, semplici ma efficaci, la sesta “L’Endemà”, impreziosita dalla soave voce dell’ospite Inés González e dal testo in catalano, e l’ultima “Children Of The Sunrise”, toccante e malinconica e che vede un finale maestoso con doppio growl, grazie all’apporto dell’altro ospite, Thomas A.G. Jensen dei Saturnus; davvero profonda la sua timbrica e azzeccato il duetto con Brunet.
Le chitarre sono belle possenti, gli assoli centellinatissimi, come giusto che sia considerata la cifra stilistica, la sezione ritmica quadrata; gli strumenti riescono nell’intento di coniugare ferocia e dolcezza, impatto e grazia. Le tastiere donano ulteriore atmosfera e così i testi, ispirati dall’hantolgie, il concetto filosofico coniato da Jacques Derrida e poi ripreso dal libro “The Ghosts Of My Life” di Mark Fisher, in riferimento ai paradossi insiti nella postmodernità e in particolare all’incapacità dell’uomo contemporaneo di sfuggire a vecchie forme sociali e al persistente riciclaggio di idee del passato, nella cultura e nell’arte; una disgiunzione temporale che dà origine a un’arte paralizzata dalla nostalgia di un futuro ormai perduto.
Nonostante una lieve macchinosità nell’assemblaggio delle canzoni e una non spiccata personalità intrinseca, “Espectres” rimane comunque un album di livello, che conferma quanto di positivo offerto dal gruppo balearico fino ad oggi.