7.5
- Band: HELHEIM
- Durata: 00:54:26
- Disponibile dal: 26/04/2019
- Etichetta:
- Dark Essence Records
- Distributore: Audioglobe
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In tempi di moda rombante in favore di tematiche devote alla mitologia nordica, ecco schiudersi nuovamente le porte di casa Helheim, per farne uscire il decimo album di una carriera che si sta avvicinando ai trent’anni di attività. Per certi versi è l’immutabilità il dato distintivo di “Rignir”, ovvero la sua perfetta aderenza ai tratti somatici di un sound iconico per chi mastica il viking metal. Per altri aspetti, paradossalmente, va lodata la capacità di aver ulteriormente affinato la propria ricetta sonora, variando quel tanto che basta la proposta per non renderla troppo simile ai recenti e fortunati “raunijaR” e “landawarijaR”. Ad ogni disco, il quartetto parte da un tema concettuale differente per inscenare ariosi canti mistici, evocativi di un mondo antico e non stereotipato. Questa volta, l’ispirazione è arrivata dal clima perennemente uggioso e ostile della natia Bergen, portatore per forza di cose di un’emotività rivolta alla sofferenza, alla riflessione su ciò che si è perso e all’oscurità che pervade il creato; difficile in effetti indulgere in sentimenti radiosi, quando il sole e la luce quasi non si palesano per molti mesi.
Gli Helheim hanno la dote di pervadere i loro componimenti di un sentire ambivalente, perché la sottigliezza, la relativa leggerezza del lavoro di chitarra compenetra asprezza e un senso di liberazione, di ascesi, rinvigorito dalla forza composta dei tamburi. Non di sola batteria rock si tratta, quanto di percussioni adatte per qualche pomposa cerimonia; l’incedere solenne, calibrato per riempire il cuore di sentimenti alti e nobili, è quello ora preferito dalla band, che ricorre con minore frequenza a ritmi serrati e impeto black metal. Tutti quegli elementi che potevano inserirla in un filone extreme metal si sono attenuati, pur non scomparendo interamente dal variegato tessuto sonoro. La costrizione nel settore viking, già forzata nei capitoli discografici precedenti, si fa solo un pallido riferimento in ampie porzioni di “Rignir”. La cristallina purezza dei cori infonde un senso di pacifica e perfetta armonia, la musica illanguidisce in volute ampie e confortevoli, per quanto un pizzico di scabrosità, volta a rimembrare tempi ruvidi e difficili, refrattari alla modernità, si premuri di persistere e non abbandonare a eccessi di candore l’opera. L’attenzione a refrain di scenografico impatto, portata ai suoi massimi risultati in “landawarijaR”, si denota anche in questo nuovo album, anche se la natura riflessiva e meno focosa della tracklist richiede maggiori sforzi per apprezzare i suoi contenuti.
Piccole esplosioni strumentali e un respiro epico ora più soffuso e placido rispetto al passato rimangono cardini dello stile-Helheim, che nel far suo sentori quasi progressive non cede a una ripulitura massiccia del suono. In questo, il gruppo rimane un orgoglioso alfiere della crudezza novantiana, di un sound vicinissimo a quello che si potrebbe udire dal vivo. Cascate di pathos grondano da “Rignir”, che riveste l’epicità di calma eterea, ravvivata da arpeggiati toccanti e vocalizzi emananti un franco tepore, come può accadere nei primi passi di “Hagl”; in altri casi, la baldanza guerresca può placarsi in un’ode accorata (“Kaldr”), oppure aprire la strada a una melodia di hard rock crepuscolare somigliante a quelle che più a nord ci fanno sentire i Sólstafir (“Ísuð”, quasi radiofonica nella seconda metà). Insomma, un altro ottimo disco per gli inossidabili metaller di Bergen, solo di poco inferiore all’eccezionale “landawarijaR”. Una sicurezza.