8.0
- Band: HELLRIPPER
- Durata: 00:29:25
- Disponibile dal: 09/10/2020
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Scozia, Regno Unito. Tra i fiumi Dee e Don si estende Aberdeen, la ‘città del granito’, la terza per numero di abitanti dopo Glasgow ed Edimburgo. Ed è qui che nel 2014 ha preso vita una delle creature più interessanti ed intriganti della scena metal: Hellripper. Estrema? Assolutamente. Thrash? Anche. Speed? Non solo. Una macchina infernale, tanto old-school quanto furiosamente moderna, dietro alla quale si cela un giovane scozzese di venticinque anni. Si chiama James McBain e con il qui presente “The Affair Of The Poisons”, promosso dalla Peaceville Records, ha aggiunto un ulteriore ed imponente tassello al suo funambolico progetto: un total fucking mayhem che, dopo le avvisaglie lanciate dal primo “Coagulating Darkness” di tre anni fa, esplode definitivamente in tutta la sua impetuosità, manifestando in pieno la sua personalissima passione nei confronti delle versioni più frenetiche dell’heavy metal. Lacerando l’aria con uno scream oltremodo grezzo e caotico, in perfetto Darkthrone-style, Mr. McBain ci sbatte in prima linea a bordo delle corde più tese e taglienti pronte a schizzare riff speed-punk dove i Motörhead incontrano i Tank, colpendo i punti nevralgici dell’ascoltatore e trasportarlo nel suo mondo carico di occultismo e stregoneria. Una lingua di fuoco incandescente s’innalza sovrana dalla cover realizzata dall’artista islandese Skadvaldur prima di impazzare a dismisura lungo le otto tracce previste, creando una mistura maligna e letale.
Dalla lancinante titletrack, esempio immediato della versatilità propositiva del giovane James, alla doppietta da perdifiato che ne segue, non vi sono sconti: “Spectres Of The Blood Moon Sabbath” e la schizofrenica “Vampire’s Grave” sanciscono un superbo omaggio allo speed d’annata, incastonando rimandi sonori a lavori quasi dimenticati come l'”Another Perfect Day” di Lemmy and company. Tripla bordata iniziale che non lascia scampo e che si completa con un pestifero esempio di black/thrash firmato “Beyond The Convent Walls”: compatto, micidiale, tellurico, a suo modo sulfureo, in cui stacchi più ragionati allentano una tensione perennemente in bilico. I richiami ai vari Metallica, Kreator e Sodom della prima ora sono sì presenti, ma è l’impatto diabolico con la scarica vocale emanata dallo stesso McBain a giocare un ruolo decisivo e vincente nella proposta globale di Hellripper. Con “Savage Blasphemy” e “Hexennach” si torna prepotentemente a spingere il tasto speed verso i ritmi più esasperati, riuscendo comunque a strutturare con precisione i due episodi così da non rendere l’uno la copia dell’altro. Caratteristica che si rivela in realtà in tutto album, mettendo quindi a tacere una possibile accusa di pressapochismo creativo, sorte magari da un eventuale primo e marginale ascolto delle varie tracce. Un passo in avanti decisamente importante quello compiuto dal giovane scozzese che con la conclusiva “The Hanging Tree” apre il portone del nero metallo per un brano glaciale, pungente, dove trovano spazio pure esaltanti passaggi NWOBHM a conferma, ancora una volta, di come il nuovo che avanza ha tutte le potenzialità per prendere in mano il testimone che verrà lasciato in eredità dalla vecchia guardia. Hellripper come i Midnight? Come i Toxic Holocaust? E’ presto per dirlo: per il momento segnatevi il suo nome, e tenetevi forte.