6.0
- Band: HELMET
- Durata: 00:36:54
- Disponibile dal: 28/10/2016
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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Paige Hamilton torna sulle scene dopo quasi sei anni, ma il passato glorioso dei suoi Helmet è ormai troppo, troppo lontano. Ci sono ancora, paradossalmente, tutti gli elementi che hanno caratterizzato il suono degli Helmet: la voce aspra di Hamilton, i riff sincopati che li hanno resi quasi unici agli esordi, una batteria abbastanza energica e ritmatissima al tempo stesso. Ma da una parte difficilmente riusciamo a sentire tutti questi elementi nello stesso brano, e dall’altra è tutto edulcorato, scolorito, come se la potenza fosse andata esaurita nei solchi degli album degli anni ’90; certo, al fianco dell’eterno mastermind non ci sono più John Stainer o Henry Bogdan, ma nemmeno quel John Tempesta che, almeno a foga, aveva lasciato dipingere qualche sorriso nel comeback “Size Matters”. Da allora sono passati ormai dodici anni, un paio di album di poco conto, e i musicisti presenti, per quanto fedeli come Stevenson e Case alla sezione ritmica, non paiono aggiungere molto a una creatività ormai – ahinoi – piuttosto sterile. Alcuni episodi, poi, non arriviamo a definirli imbarazzanti ma poco ci manca: “I ♥ My Guru” o “Green Shirt”, per esempio, suonano non solo già sentite e plastificate, ma in aggiunta la mente corre molto più verso le sonorità imo-core di bassa lega che non l’alternative metal da Maestri. Altri brani si muovono dalle parti dell’alt rock dei Dinosaur Jr. (“All News Is Bad News”), o richiamano alla lontana i Therapy? più acidi, come nel caso della title track e ottengono il risultato di lasciare che l’album viaggi tutto sommato nello stereo fino alla fine. Si ergono sul mucchio “Red Taste” e “Die Alone”, che riportano un po’ in auge il vecchio corso, almeno dalle parti di “Aftertaste”; scordatevi, purtroppo, di avere a che fare con un “Meantime” o “Betty” parte seconda. Che se generalmente può essere una scelta intelligente e interessante, quando ci si trova a suonare un’ombra scolorita dei propri classici, beh, forse ci rassegneremo volentieri a sorridere nel sentire sempre lo stesso brano, ma in maniera efficace. Tanta malinconia e almeno mezzo punto in più per puro rispetto.