5.5
- Band: HEXIS
- Durata: 00:45:34
- Disponibile dal: 26/08/2022
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Gli Hexis hanno da sempre vissuto la propria carriera dando una fortissima importanza alla dimensione live. Sono ormai innumerevoli i tour in cui il gruppo di origine danese si è imbarcato dall’inizio della sua storia, tanto che la pubblicazione di nuovi album ed EP è talvolta passata in secondo piano rispetto alle centinaia di date che hanno visto il frontman Filip e i suoi compagni protagonisti in lungo e in largo per il globo. Se si pensa agli Hexis, resta insomma più impressa la loro voglia di macinare chilometri chiusi in un furgone per esibirsi ogni sera su un palco diverso, anziché la portata della loro vena prettamente artistica. Del resto, praticamente da sempre la band è stata vista come una copia dei Celeste, nel suo miscelare sludge, post hardcore e black metal su toni perennemente claustrofobici. Come i lavori precedenti, anche “Aternum” appare come un esercizio di stile piuttosto ridondante, in cui l’idea produttiva prende il totale sopravvento sulla scrittura.
Questa volta si segnala una produzione più piena e rifinita che mai, grazie al lavoro in sede di regia del veterano Fredrik Nördstrom presso i suoi Fredman Studio (At The Gates, Dark Tranquillity, Opeth), ma, come accaduto più volte in passato, la tracklist risulta ripetitiva o comunque mai davvero accattivante, conseguenza di un songwriting nel quale troppo spesso mancano i riff. I ‘giri’ di chitarra e le melodie a cui gli Hexis si affidano sono infatti sempre gli stessi, tanto che molti dei brani finiscono per ridursi a piccoli sketch cuciti uno accanto all’altro per creare una sorta di tappeto sonoro che sì trasmette un’idea di oppressione e claustrofobia, ma senza alcun vero costrutto. Lo screaming del frontman è costantemente in primo piano, ma a tratti risulta slegato da una base musicale che raramente decolla, tanto è frenata dalla sua ridondanza eccessiva, con strutture che si somigliano tutte molto e dove pesa l’assenza di spunti comunicativi e indimenticabili che emergano dal costante tappeto di doppia cassa e motivi chitarristici uniformi che sfumano gli uni negli altri. Si fanno segnalare maggiormente gli episodi in cui il gruppo rallenta, spingendosi verso un mood più luttuoso di matrice post/sludge, ma si tratta di due o tre parentesi in una tracklist di dodici brani: appena si ha la sensazione di essere coinvolti, subentra infatti immediato un repentino cambio di scenario che riporta il coinvolgimento emotivo su livelli inferiori.
Insomma, come accaduto in precedenza, gli Hexis sembrano incapaci di confezionare canzoni che riescano ad andare oltre i soliti schemi dettati dal riciclo di quel sound coniato dai Celeste ormai più di una dozzina di anni fa: il songwriting è limitato e la fissazione nei confronti della band francese è ormai tanto incomprensibile quanto fastidiosa. “Aeternum”, di conseguenza, gira spesso a vuoto, apparentemente più preoccupato di aderire ad un’estetica fine a se stessa anziché di costruire qualcosa di personale o quantomeno dinamico. Senza dubbio questo disco garantirà ai ragazzi nuove opportunità di andare in tour, ma a livello artistico davvero non c’è confronto con una prova come il recente “Assassine(s)”.